Dan Simmons - Vulcano.pdf

(1378 KB) Pobierz
DAN SIMMONS
DAN SIMMONS
VULCANO
(Fires Of Eden, 1994)
a Robert Bloch:
ci ha insegnato che l'orrore
è solo un curioso ingrediente
nella più vasta celebrazione
di vita, amore, riso
1
E Pele e! La Via Lattea gira.
E Pele e! La notte cambia.
E Pele e! Il rosso bagliore è sull'isola.
E Pele e! L'alba rossa spunta.
E Pele e! La luce del sole getta ombre.
E Pele e! Il brontolio è nel tuo cratere.
E Pele e! Lo uhi-uha è nel tuo cratere.
E Pele e! Svègliati, sorgi, ritorna.
Hulihia ke au ("La corrente cambia")
Dapprima solo il vento urla.
Il vento di ponente ha soffiato senza impedimenti sopra seimila chilome-
tri d'oceano deserto, incontrando solo onde incappucciate di bianco e di
tanto in tanto un gabbiano sperduto, per poi colpire i neri dirupi di lava e i
tondeggianti massi, simili a orridi doccioni, che fiancheggiano la semide-
serta costa di sudovest dell'Isola Grande, nelle Hawaii. Raggiunto questo
ostacolo, ora il vento urla e ulula fra rocce nere e il suo frastuono quasi
soffoca il continuo schiantarsi dei frangenti contro le scogliere e lo stormi-
re di fronde nell'artificiale oasi di palme dentro il guazzabuglio di lava ne-
ra.
In queste isole ci sono due tipi di lava, ben descritti dal loro nome ha-
waiano: la pahoehoe è in genere lava più vecchia, sempre levigata, indurita
in lisce ondulazioni parallele o a treccia; la a'a è lava nuova, frastagliata,
tagliente come filo di coltello, sagomata in torri grottesche e in figure che
paiono cadute da una cattedrale gotica. Lungo questo tratto di costa del
South Kona, la lava pahoehoe corre in grandi fiumane grigie dai vulcani al
mare; ma sono le scogliere marine e i vasti campi di a'a a proteggere i cen-
tocinquanta chilometri di costa: file su file d'immobili guerrieri di pietra
nera dai bordi affilati.
E ora il vento urla fra questi labirinti di pietra tagliente, sibila fra gli in-
terstizi nelle colonne di a'a e ulula attraverso le fenditure di antichi sfiata-
toi di gas e lungo la gola dei condotti di lava vuoti. Mentre il vento si alza,
cala la notte. Il crepuscolo è sceso strisciando dai campi costieri di a'a fin
sulla cima del Mauna Loa, quattromila metri sul livello del mare. Gran
parte del grande scudo vulcanico si erge come una macchia nera che can-
cella il cielo a nord e a ovest. A cinquanta chilometri di distanza, sopra
l'ampia caldera sempre più buia, basse nubi di cenere vulcanica luccicano
di riflessi arancione dovuti a eruzioni fuori vista.
— E allora, Marty? Accetti la penalità?
I tre uomini sono sagome appena visibili nella luce morente e la loro vo-
ce quasi si perde nell'urlo del vento. Il campo da golf disegnato da Robert
Trent Jones Jr. è uno stretto, sinuoso percorso di fairway erbosi e di green
lisci come tappeti, che serpeggia per chilometri fra la lava a'a, nera e acci-
dentata. Le poche palme lungo i fairway si agitano e frusciano nel vento. I
tre sono i soli giocatori sul campo da golf. Ormai è buio e le luci del com-
plesso turistico Mauna Pele paiono molto distanti dal quindicesimo fair-
way, dove i tre si sono raggruppati in modo che vento e frangenti non sof-
fochino le parole. Ognuno dei tre ha guidato il proprio golf cart: anche i tre
veicoli sembrano addossati l'uno all'altro per resistere al vento.
— Ti dico che è in quelle maledette rocce — ripete Tommy Petressio. Il
bagliore arancione del vulcano gli arrossa le braccia nude e il viso abbron-
zato. Petressio, di bassa statura e dai lineamenti affilati, indossa una sgar-
giante tenuta da golf, a quadri gialli e rossi. Tiene calato sugli occhi il ber-
retto e ma stica un grosso sigaro spento.
— Non è nelle maledette rocce — dice Marty DeVries. Si liscia le ma-
scelle, con un raspare d'anelli sulla pelle non rasata.
— Be', non è di sicuro nell'erba! — si lamenta Nick Agajanian. Indossa
un camiciotto verde chiaro, teso sul ventre massiccio, e larghi calzoncini a
quadri che gli arrivano a quindici centimetri dalle ginocchia pallide e ossu-
te. Porta anche lunghi calzini neri. — Cazzo, la vedremmo, se fosse nel-
l'erba! — soggiunge. — Qui non ci sono arbusti, solo erba del cazzo e roc-
ce del cazzo che sembrano merde di pecora pietrificate.
— Dove hai mai visto merde di pecora? — ribatte Tommy, girandosi e
appoggiandosi al driver di legno.
— Ho visto un mucchio di cose di cui di solito non parlo — replica la-
mentosamente Nick.
— Già, da ragazzo avrai pestato la merda mentre cercavi di fotterti la pe-
cora — ribatte Tommy. Con la mano a coppa ripara il fiammifero e cerca
per la quinta volta di accendersi il sigaro. Il vento spegne in un attimo il
fiammifero. — Merda.
— Chiudete il cesso, voi due — dice Marty DeVries. — Cercate la mia
pallina.
— La pallina è fra le merde di pecora — replica Tommy, senza togliersi
di bocca il sigaro — e la stronzissima idea di venire in questo posto del
cazzo è stata tua.
I tre hanno passato da poco i cinquanta, sono direttori delle vendite di
concessionarie d'auto nella zona di Newark e da anni vanno insieme in fe-
rie a giocare a golf, a volte in compagnia delle rispettive mogli, a volte del-
le amichette del momento, più spesso da soli.
— Già, hai scelto proprio un bel posto! — si lamenta Nick. — Tutte
quelle stanze vuote e quel cazzo di vulcano e tutto il resto.
Marty si avventura al limitare dell'interminabile campo di a'a e con la
mazza n. 5 di ferro fruga tra le alte rocce. — Che cazzo vuol dire perché
siamo venuti qui? — replica, irritato. — Questo è il complesso turistico
più moderno di Hawaii, cazzo. La grossa enchilada di Trumbo...
— Sì — ride Tommy. — Guarda quanto gli è servita, a Big T.
— Che cazzo c'entra — replica Marty DeVries. — Aiutatemi a trovare
la pallina. — Passa fra due macigni di a'a che paiono due Volkswagen a
ruote all'aria. In quel punto il terreno è quasi tutta sabbia.
— Ah, no — dice Nick. — Ti prendi la penalità e basta, Marty. Adesso
è proprio buio. Non ci vedo a un metro dal naso. — Grida le ultime parole
per superare il rumore del vento e dei frangenti, mentre Marty si addentra
nel labirinto di rocce. Il quindicesimo fairway corre lungo le scogliere a
sud dell'oasi di palme che è la parte principale del complesso turistico; alte
onde si schiantano a una decina di metri dal punto dove si trovano i tre.
— Ehi, qui c'è una specie di sentiero che scende verso l'acqua — grida
Marty DeVries. — Mi pare di vedere la... no, merda, solo una penna di
gabbiano o chissà cosa.
— Vieni via da lì e prenditi la penalità, cazzo — urla Tommy. — Nick e
io là non ci veniamo. Quelle rocce sono taglienti come rasoi.
— Ha ragione — grida Nick Agajanian verso il guazzabuglio di scorie
nere. Ormai perfino il berretto giallo di Marty è fuori vista.
— Il merdoso non ci sente — dice Tommy.
— Il merdoso ci lascerà qui da soli a cercare la strada — si lamenta
Nick. Il vento gli strappa il berretto e lui corre sul fairway per riprenderlo;
alla fine riesce a bloccarlo quando il berretto va a sbattere contro un golf
cart.
Tommy Petressio fa una smorfia. — Non ci si può perdere in un cazzo
di campo da golf!
Nick torna, tenendo stretti il berretto e una mazza n. 6 di ferro. — Certo
che ci si può perdere in quella... — Col manico della mazza indica il cam-
po di a'a e i rumorosi frangenti. — In quella pietraia di merde di pecora.
Tommy cerca di nuovo di accendersi il sigaro. Il vento gli spegne il
fiammifero. — Merda.
— Là io non ci vado — dice Nick. — Cazzo, come minimo mi ci rompo
una gamba.
— Magari ti morsica un serpente.
Nick arretra di un passo dal mucchio di ceneri nerastre. — Nelle Hawaii
non ci sono serpenti. Ci sono?
Tommy allarga le braccia. — Solo quei boa lunghi così. E i cobra... mi-
gliaia di cobra.
— Stronzate. — Ma il tono di Nick è dubbioso.
— Oggi non hai visto tra i fiori quegli animali che parevano donnole?
Quelli che Marty ha chiamato manguste.
— E allora? — Nick si guarda indietro, da sopra la spalla. L'ultimo chia-
rore del crepuscolo ha lasciato posto alla notte e si vedono le stelle, lonta-
no, sull'oceano. Le luci del Mauna Pele sembrano lontanissime. Verso sud,
lungo la costa, non c'è nemmeno un riflesso luminoso. A nordovest il ba-
gliore del vulcano è offuscato. — Allora?
— Sai cosa mangiano le manguste?
— More e merde?
Tommy scuote la testa. — Serpenti. Cobra, soprattutto.
— Cazzo, alziamo i tacchi — dice Nick. Poi si blocca. — Aspetta un
minuto. Mi pare d'avere visto qualcosa in TV. Quelle donnole...
— Manguste.
— Come cazzo si chiamano. Quelle manguste stanno in India. All'ango-
lo delle vie i turisti pagano per guardarle mangiare i cobra o cose del gene-
re.
Tommy annuisce con aria saggia. — Qui il problema dei serpenti è così
serio che Trumbo e gli altri impresari hanno dovuto importare manguste a
vagonate. Altrimenti quando ti svegli ti trovi con un boa intorno alle cavi-
glie e un cobra che ti azzanna l'uccello.
— Dici solo stronzate — replica Nick, ma intanto ha mosso un passo
verso il suo golf cart.
Tommy scuote la testa e s'infila il sigaro nel taschino della camicia. —
Una vera idiozia. Troppo buio per finire la partita. Se andavamo a Miami
come al solito, avevamo un campo illuminato per tutta la notte. Invece
siamo qui, in mezzo a... — Con un gesto d'esasperazione indica i campi di
lava e il nero arco del vulcano in lontananza.
— In mezzo a una merdosa popolazione di serpenti — termina Nick, se-
dendosi sul golf cart e rimettendo nella sacca la mazza n. 6. — Lasciamo
perdere tutto, torniamo in albergo e cerchiamo un bar.
— E subito, anche — conviene Tommy, dirigendosi al proprio golf cart.
— Se domani Marty non è ancora tornato, vedremo se è il caso di dirlo a
qualcuno.
Proprio in quel momento cominciano le urla.
Marty DeVries aveva seguito quello che pareva un sentiero fra i massi di
a'a, una tortuosa striscia di sabbia e d'erba stenta fra i mucchi di scorie ne-
re. Era sicuro che la pallina fosse finita da quella parte: se solo l'avesse
trovata sulla sabbia, avrebbe potuto rimandarla sul fairway e salvare un
poco la faccia in quella partita del cazzo. Diavolo, anche se non fosse stata
sulla sabbia, avrebbe potuto mettercela e tirare il colpo. Anzi, non doveva
neppure tirarla con la mazza, solo lanciarla a mano... Nick e Tommy erano
troppo cacasotto per seguirlo, avrebbero solo visto una pallina tirata alla
perfezione uscire dalla merda di lava e cadere sul fairway, pronta per un
facile colpo fino al green. Aveva avuto un bel braccio, quando lanciava per
la Legion a Newark.
Diavolo, a pensarci bene non doveva nemmeno trovare la maledetta pal-
lina. Tolse di tasca una Wilson professionale, dello stesso numero che usa-
vano in quel momento. Poi si girò per lanciarla nel campo da golf.
Da quale parte era, il cazzo di campo?
I mucchi di cenere e di massi ammonticchiati gli avevano fatto perdere
l'orientamento. Poteva vedere le stelle. Il "sentiero" adesso non era molto
chiaro... c'erano piste di sabbia in tutte le direzioni. Quel posto era un vero
maledetto labirinto.
— Ehi! — gridò Marty. Appena avesse udito la voce di Tommy o di
Zgłoś jeśli naruszono regulamin