Il Corriere della Sera - 07.07.2009.pdf

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MARTEDÌ 7 LUGLIO 2009 ANNO 134 - N. 159
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Il raduno dei rossoneri
Il nuovo film
Domani in edicola
Milan contestato dai tifosi
Harry Potter, la fine dell’innocenza:
brividi, catastrofi e sospiri d’amore
Le inchieste di Maigret
«La prima inchiesta di
Maigret» - Terzo volume
Cori e fumogeni contro la società
di Giovanna Grassi
apagina38
6,99 euro
di Monica Colombo e Gaia Piccardi apag.40
più il prezzo del quotidiano
NUOVE REGOLE ETICHE PER I MERCATI
Il presidente americano firma a Mosca l’intesa sul taglio di settecento testate
Intervista a Erdogan
IL PASSOGIUSTO
DELLE 12 TAVOLE
Viaun terzodellearmi nucleari
Patto tra Obama e Medvedev: basta sospetti e rivalità
«Turchia stanca
di aspettare
il sì dell’Europa»
di MASSIMO GAGGI
N uove regole eti-
metri legali minimi anche
per la difesa dell'ambiente
e dei lavoratori. Uno sche-
ma che certamente trova re-
sistenze nel mondo anglo-
sassone (Londra vuole evi-
tare misure legalmente vin-
colanti e propone, al posto
di una revisione del rappor-
to tra etica e affari, interven-
ti più diretti per spingere le
banche a riattivare il credi-
to, contro il protezionismo
e contro le speculazioni sul
petrolio), ma che obbliga
tutti a ripartire dalla realtà
dei danni immensi subiti
dal sistema economico per
l'assenza di regole comuni
adeguate all'era dei mercati
globali.
«Prediche inutili»? Chi
ha fin qui considerato i di-
scorsi sull'etica negli affari
alla stregua di sermoni, do-
vrebbe decidersi a voltare
pagina, visto quello che è
accaduto negli ultimi due
anni. E il lavoro fatto sull'as-
se Parigi (Ocse)-Roma-Ber-
lino dovrebbe rappresenta-
re un buon inizio.
In ogni caso battere su
questi temi, anche senza ar-
rivare — per ora — a risul-
tati conclusivi, non è affat-
to «inutile», visto che sono
bastate poche settimane
con i conti in ripresa (gra-
zie agli aiuti avuti dalla Fe-
deral Reserve) per indurre
banche e finanziarie di
Wall Street responsabili di
disastri immani a iniziare,
in Congresso, un tiro al ber-
saglio contro le riforme ap-
pena annunciate dal presi-
dente Obama.
Un accordo almeno di
principio su nuove regole è
necessario non per mettere
in mora il capitalismo an-
glosassone (Germania e
Francia che invocano tra-
sparenza ma poi tengono
segreti i risultati degli
«stress test» delle loro ban-
che non possono fare le pri-
me della classe), ma per cer-
care di dare una risposta a
quei Paesi emergenti che
credono sempre meno nel-
la capacità del capitalismo
occidentale di produrre ric-
chezza, favorendo la stabili-
tà economica e politica.
Barack Obama e Dmitry
Medvedev hanno firmato
un accordo quadro sulla ri-
duzione degli armamenti
strategici. Stati Uniti e Rus-
sia si impegnano a limita-
re il numero di testate dei
loro arsenali a 1.500-1.675
ognuno. Questo comporta
un taglio di 700 unità ri-
spetto alle attuali 2.200 te-
state stabilite dallo Strate-
gic Arms Reduction Trea-
ty. Il memorandum sotto-
scritto (sulle orme di
Nixon e Krusciov) servirà
da base per il prosegui-
mento dei negoziati sul
rinnovo del trattato Start I
che scadrà il prossimo di-
cembre.
di ANTONIO FERRARI
che per il capita-
lismo, un effica-
ce sistema di
controlli per la finanza glo-
balizzata, aiuti alimentari e
assistenza allo sviluppo
dell'agricoltura per i Paesi
più poveri, soprattutto quel-
li africani. Negli ultimi anni
sono stati numerosi i verti-
ci internazionali nei quali
questi temi sono stati di-
scussi da governi titubanti
davanti a una stampa poco
attenta (anche perché con-
sapevole dell'estrema diffi-
coltà di arrivare a risultati
concreti) e nel sostanziale
disinteresse delle opinioni
pubbliche occidentali.
Il G8 che si apre domani
all'Aquila potrebbe rischia-
re un destino simile: già og-
gi sappiamo che — almeno
sul tema spinoso della rifor-
ma delle regole della finan-
za —non si arriverà ancora
alla stesura di un documen-
to definitivo, vincolante
per tutti. Probabilmente
non ci si riuscirà nemmeno
al G20 che si riunirà a set-
tembre a Pittsburgh, nono-
stante che questo organi-
smo allargato alle nuove po-
tenze economiche (dalla Ci-
na al Brasile) e ai Paesi
emergenti sia ormai gene-
ralmente considerato una
sede più adatta del «diretto-
rio» dell'Occidente, alla de-
finizione di misure di porta-
ta globale.
Eppure le «dodici tavo-
le» per un'economia etica
— il documento dell'Ocse
frutto dal lavoro degli
esperti italiani messo in
campo dal ministro Giulio
Tremonti e di quello dei
tecnici del cancelliere tede-
sco, Angela Merkel — pos-
sono far fare un grosso sal-
to di qualità alla discussio-
ne, fin qui inconcludente,
sulle grandi riforme di si-
stema.
Il documento — antici-
pato ieri dal Corriere — fis-
sa obiettivi ambiziosi: nuo-
vi standard per la trasparen-
za dei mercati, smantella-
mento dei «paradisi fisca-
li», calmiere per i «supersti-
pendi» dei banchieri, para-
Il presidente cinese a Roma
Giannelli
❜❜
Napolitano vede Hu:
appello sui diritti umani
Il primo ministro turco, Recep
Tayyip Erdogan: «Sono 50 anni che
siamo in attesa di entrare
nell'Unione Europea. E ora
vorremmo una risposta chiara. Vi
sono leader che dicono una cosa e
poi si correggono e sostengono di
non averla detta. Siamo stanchi di
comiche. E non accetterò mai
un’associazione privilegiata.
Chiediamo l’adesione piena alla Ue».
ALLE PAGINE 5 E 6
Dragosei e Valentino
A PAGINA 9
Maggior rispetto per i diritti umani: lo ha chiesto il
capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al presidente
cinese Hu Jintao, in visita a Roma.
Cei e politica Monsignor Crociata parla di «disprezzo del pudore»
I vescovi: il libertinaggio è grave
e non è soltanto un affare privato
APAGINA 2Nese
Il documento
« E TICA NELL’ E CONOMIA»
L' E NCICLICA DEL P APA
«Il libertinaggio è un atto grave». L’affondo è dei ve-
scovi, l’obiettivo è Silvio Berlusconi, peraltro mai no-
minato nelle parole di monsignor Mariano Crociata, se-
gretario generale della Cei. «Assistiamo a un disprezzo
esibito nei confronti di tutto ciò che dice pudore». E di
fronte a uno «sfoggio di libertinaggio gaio e irrespon-
sabile», nessuno pensi che si tratti «di affari privati».
Insorge il Pdl: «Parole da non strumentalizzare».
ALLE PAGINE 14 E 15
Galluzzo e Muschella
IL REPORTAGE: ODIO ETNICO E REPRESSIONE
Strage nella città degli uiguri
di MARCO DEL CORONA
La complessità e gravità dell’attuale
situazione economica giustamente ci
preoccupa». Ecco la Caritas in veritate ,
l’enciclica sociale del terzo millennio, che
verrà presentata oggi in Vaticano: 127
pagine in sei capitoli di cui pubblichiamo
ampi stralci. Nell’incipit Benedetto XVI
spiega il nesso essenziale tra carità e verità
e poi prosegue trattando il tema della crisi:
«Dobbiamo assumere con realismo,
fiducia e speranza le nuove responsabilità
a cui ci chiama lo scenario di un mondo
che ha bisogno di un profondo
rinnovamento culturale e della riscoperta
di valori di fondo su cui costruire un
futuro migliore». Senza dimenticare i
rischi della mobilità lavorativa con il
«formarsi di situazioni di degrado umano,
oltre che di spreco sociale».
ALLE PAGINE 12 E 13
Calabrò, Vecchi
❜❜
Segnale al proprio mondo
di MASSIMO FRANCO
se l’intenzione fosse di mettersi al riparo da qua-
lunque strumentalizzazione politica. Ma le parole du-
re del segretario generale della Cei, Mariano Crociata,
contro «il libertinaggio gaio e irresponsabile» costitui-
scono un messaggio destinato comunque a lambire Pa-
lazzo Chigi. Arrivano apparentemente a freddo, a po-
che ore dall’inizio del G8; e dal fronte più inaspettato
per il presidente del Consiglio, vista la prudenza che
ha distinto le gerarchie cattoliche. Eppure, la presa di
posizione dei vescovi sorprende solo in parte.
CONTINUA A PAGINA 15
URUMQI (Cina) — Una domenica di proteste si
trasforma in un’ecatombe: finora almeno 156 morti e
oltre 800 feriti. La città è isolata: sono fuori uso
Internet, fax e telefonate internazionali.
A PAGINA 3
Il progetto La Ryanair tenta i passeggeri con la promessa di voli ultra low cost
Posti in piedi in aereo, come in autobus
di FABIO CAVALERA
Più posti e meno costi se i passeg-
geri a bordo stanno in piedi, come
in autobus. E’ l’ultima idea della
compagnia aerea irlandese low cost
Ryanair, guidata dal vulcanico Mi-
chael O’Leary. Obiettivo: abbattere
le spese e offrire ticket a prezzo sem-
pre più stracciato. Dopo anni di atti-
vo, la Ryanair quest’anno ha regi-
strato un «rosso» di 169 milioni di
euro. I passeggeri viaggerebbero in
piedi, allacciati a speciali cinture
per garantire la sicurezza in volo.
A PAGINA 23
Sentenza a Ferrara
Processo infinito
Ha ottant’anni
e gli rinviano
la causa al 2014
«Ci sarò ancora?»
Il ragazzo morto
durante l’arresto
Condannati
quattro poliziotti
di FRANCESCO ALBERTI
di GIUSEPPE GUASTELLA
A PAGINA 21
A PAGINA 21
N on ci sono riferimenti a Silvio Berlusconi: come
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2 Primo Piano
Martedì 7 Luglio 2009 Corriere della Sera
Italia eCina
Napolitano a Hu:
La visita
il progresso richiede
più diritti umani
Turista
Nel corso della
visita di Stato in
Italia, il
presidente Hu
Jintao ha inserito
delle tappe nelle
maggiori città
d’arte del nostro
Paese
Martedì
Oggi, in
mattinata, giro di
mezz’ora a
Palazzo Ducale e
passeggiata in
piazza San
Marco. Nel
pomeriggio,
trasferimento
prima a Pisa
(dove vedrà la
conceria di
Santa Croce, la
Torre pendente e
piazza dei
Miracoli) e poi a
Firenze: Uffizi,
Accademia e
Santa Croce
Mercoledì
L’8 luglio, il
presidente
cinese si
trasferirà con la
sua delegazione
all’Aquila, per
partecipare ai
lavori del G8. Poi
Hu proseguirà
per altre tappe
europee
«Rispetto per le ragioni di Pechino,
che può contare sull’amicizia dell’Italia»
ROMA — Il presidente
Giorgio Napolitano ha richia-
mato l’attenzione di Hu Jintao
su un argomento che il leader
cinese non ha piacere di sen-
tirsi dire. Il problema dei dirit-
ti umani.
Venuto a offrire amicizia e
contratti, forse Hu Jintao non
se l’aspettava. Ma il suo arri-
vo a Roma è coinciso con la
brutale repressione degli ui-
guri, nella regione dello
Xinjiang, dove circa 160 per-
sone sono state uccise. Allora
Napolitano ha trovato modo,
nel corso del colloquio, di
complimentarsi per lo svilup-
po e il progresso che hanno
portato la Cina a compiere un
balzo formidabile. Subito do-
po però ha rilevato il fatto che
il miglioramento delle condi-
zioni economiche dovrebbe
accompagnarsi con un mag-
gior rispetto dei diritti umani.
L’incontro al Quirinale è
stato il primo appuntamento
ufficiale. Alla fine, Napolita-
no, con il leader cinese al suo
fianco, ha reso noto di aver
«convenuto con il presidente
Hu Jintao sul fatto che lo stes-
so sviluppo e il progresso eco-
nomico e sociale che si stan-
no realizzando in Cina pongo-
no nuove esigenze in materia
di diritti umani». Naturalmen-
te «massimo rispetto per le ra-
gioni cinesi», nessuna inge-
renza nelle «autonome deci-
sioni della Cina», però quella
dei diritti umani «è una que-
stione che l’Italia ha sempre
affrontato» e vuole continua-
re a tenere viva.
La tappa successiva del-
l’ospite cinese è stata Villa Ma-
dama, dove lo ha accolto Sil-
vio Berlusconi, il quale poi ha
fatto sapere di non aver parla-
to con Hu Jintao dei diritti
umani perché l’argomento
era già stato affrontato dal
presidente Napolitano. Il pre-
mier ha chiesto aiuto al lea-
der cinese sul negoziato di
Doha e sulla lotta ai cambia-
menti climatici.
Il colloquio al Quirinale si è
sviluppato comunque sul filo
Al Quirinale Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con l’omologo cinese Hu Jintao (Ansa)
di una grande cordialità. La di-
scussione si è soffermata sul-
lo straordinario sviluppo del-
la Repubblica popolare cine-
se, sul suo nuovo ruolo sulla
scacchiera del mondo, ed è
emerso, dice Napolitano, che
la Cina «è consapevole del po-
sto nuovo che le spetta e quin-
di anche delle responsabilità
che è chiamata ad assumer-
si».
Importante che Pechino
sappia di poter contare sul-
l’amicizia dell’Italia, aggiunge
Napolitano. Però è essenziale
che tutta l’Europa «possa par-
lare con una sola voce», in
modo che i legami fra Cina e
Unione Europea diventino
sempre più solidi. Parole ac-
colte con gioia dal leader cine-
se, il quale sogna un’Europa
unita e forte in grado di bilan-
ciare lo strapotere degli Stati
Uniti.
Intanto, come rendere più
saldi i vincoli fra Italia e Cina?
Ospitare studenti cinesi in Ita-
lia e inviare giovani italiani in
Cina sembra al presidente Na-
politano un ottimo sistema
per «far conoscere le rispetti-
ve culture». Non solo studen-
ti. Lo stesso capo dello Stato
dovrebbe recarsi in Cina («ci
sono stato nel 1984, un’epoca
preistorica») l’anno prossimo
accogliendo l’invito di Hu Jin-
tao.
Il leader cinese ha prosegui-
to il suo viaggio nei Palazzi ro-
mani. Alla Camera ha incon-
trato il presidente Gianfranco
Fini, col quale ha discusso di
lotta alla povertà, difesa del-
l’ambiente e scambi commer-
ciali. Infine è stato ricevuto a
Palazzo Giustiniani dal presi-
dente del Senato Renato Schi-
fani. Hanno parlato di svilup-
po economico e difesa della
pace.
Il presidente del Parlamento Ue
La bandiera sul Quirinale
Pöttering: «Siamo preoccupati»
BRUXELLES — Il presidente
uscente del Parlamento europeo,
Hans-Gert Pöttering, ha espresso
la sua grande preoccupazione per
la morte di numerosi manifestanti
nella provincia dello Xinjiang, in
Cina. «Le notizie su come questi
manifestanti sono stati trattati
sono profondamente inquietanti. I
media di Stato cinesi segnalano
almeno 150 morti e feriti. Alcune
fonti non ufficiali e le Ong
affermano che il bilancio delle
vittime potrebbe arrivare a diverse
centinaia. A nome del Parlamento
europeo — dice Pöttering in una
nota — faccio appello a tutte le
parti alla calma e moderazione.
Rivolgo esplicitamente un appello
alle autorità cinesi perché
agiscano in un modo che rispetti
pienamente la dignità umana e i
diritti umani fondamentali,
incluso il diritto alla libertà di
espressione e di manifestazione
pacifica».
Nella foto in alto, la bandiera cinese sventola sul
torrino del Quirinale per la visita del presidente
Hu Jintao al capo dello Stato Giorgio Napolitano.
Al centro, Hu con il premier Silvio Berlusconi.
Qui sopra, il presidente cinese e la moglie Liu
Yongqing posano durante una visita «turistica» al
Colosseo
Europa
Hans-Gert
Pöttering: è a
fine mandato
Marco Nese
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122441084.042.png 122441084.043.png 122441084.044.png 122441084.045.png 122441084.046.png 122441084.047.png 122441084.048.png 122441084.049.png 122441084.050.png 122441084.051.png
Corriere della Sera Martedì 7 Luglio 2009
Primo Piano
3
A Urumqi, il capoluogo dello Xinjiang, travolta dalla violenza e isolata dalle autorità di Pechino: niente Internet né telefoni
Xinjiang, uiguri in rivolta contro i cinesi
Scontri e assalti ai negozi: 156 morti
zioni il Xinjiang non lo aveva conosciuto
mai, si era fermi alle 22 vittime dei disor-
dini di Kashgar del 1990. Centocinquan-
ta morti significa oltre sette volte il bilan-
cio di Lhasa, quando nel marzo dell’anno
scorso i moti anticinesi provocarono (uf-
ficialmente) 19 vittime, al netto della re-
pressione che secondo i tibetani in esilio
provocò centinaia di caduti. Pechino è
terrorizzata, dalle pulsioni separatiste in
Xinjiang che hanno radici antiche nella
storia di una provincia sempre ai margi-
ni del mondo cinese, che ha conosciuto a
tratti l’indipendenza formale ed è un cro-
giolo di quasi 50 etnie. Attraverso le poli-
tiche di migrazione guidata, dagli Anni
90 i cinesi Han sono passati dal 6% al
40% in poco tempo, e vasti strati della po-
polazione autoctona si sentono messi da
parte dalle forme di sviluppo imposte da
Pechino e da uno sfruttamento dei tesori
del sottosuolo (leggi soprattutto petro-
Lacrime
A sinistra una
donna cinese,
in lacrime, con
in braccio la
sua bambina,
cerca
protezione
vicino a un
soldato durante
i violenti scontri
di ieri a Urumqi .
Sotto uno dei
feriti (Reuters /
Xinhua /Shen
Qiao)
DAL NOSTRO INVIATO
URUMQI (Cina) — Non è una città
normale quella in cui una domenica di
proteste si trasforma in un’ecatombe, al-
meno 156 morti, oltre 800 feriti. E non è
una città normale quella in cui le autori-
tà completano la tragedia isolando tutti
dal mondo: Internet fuori uso, impossibi-
le mandare un fax, bloccate le telefonate
internazionali, almeno dagli alberghi e
da molti punti della città. Il bagno di san-
gue a Urumqi — capoluogo del Xinjiang
nel Nordovest della Cina—c’è stato dav-
vero, l’hanno dichiarato per primi i diri-
genti di Pechino ieri mattina, ma il mon-
do non deve sapere, il mondo deve stare
fuori, non si deve immischiare. Neanche
con le parole o, ancora più semplicemen-
te, con l’ascolto. La strage segnala inmo-
do atroce che nella regione degli uiguri,
cioè 8 milioni di musulmani turcofoni
messi ormai in minoranza da 12 milioni
di altre etnie (soprattutto cinesi Han),
l’acido dell’insoddisfazione e dell’irre-
dentismo ha cominciato a corrodere pro-
fondamente la «società armoniosa» va-
gheggiata dal presidente Hu Jintao, ora
in visita in Italia.
È accaduto domenica, ma i colpi di co-
da hanno attraversato Urumqi ancora ie-
ri. Un migliaio, forse duemila persone si
sono ritrovate nel centro città per chiede-
re giustizia per un fatto accaduto un paio
di settimane fa a Shaoguan, nel Guan-
gdong, a migliaia di chilometri di distan-
za: sei lavoratori migranti di etnia uigura
erano stati accusati di uno stupro ai dan-
ni di due ragazze cinesi Han; dalla denun-
cia (poi rivelatasi falsa) si è passati a una
sommossa che ha visto i lavoratori cine-
si affrontare i colleghi dello Xinjiang con
bastoni di ferro; bilancio finale, due uigu-
ri morti e tanti feriti. Il molto pubblicizza-
to arresto di un cinese, responsabile del-
la macchinazione, non avrebbe evidente-
mente placato gli animi se domenica la
folla si è radunata a Urumqi per protesta-
re.
Assalto Soldati cinesi affrontano un gruppo di rivoltosi a Urumqi (Afp Photo/Cctv)
confuse. La stessa motivazione della pro-
testa potrebbe essere un’altra. Ma la dia-
spora uigura dichiara che la manifesta-
zione era pacifica e le violenze si sono in-
nescate quando la polizia ha brutalmen-
te affrontato i dimostranti. Le autorità ci-
nesi replicano che dapprincipio la folla
ha cominciato a lanciare sassi, aggredire
cinesi, incendiare auto. Anche sull’identi-
tà delle vittime le versioni non collima-
no. Per la polizia si tratta in grandissima
parte di cittadini cinesi estranei alla pro-
testa, aggrediti dagli uiguri. Per gli attivi-
sti all’estero, i morti sarebbero inermi cit-
tadini falciati dalla polizia e dall’esercito.
Secondo il capo della polizia dello
Xinjiang, Liu Yaohua, «il numero delle
vittime è comunque destinato ad aumen-
tare ancora». Sono stati assaltati negozi,
260 le auto bruciate. Lo showroom delle
berline Geely è un falò spento. Gli ospe-
dali ancora ieri mattina proseguivano gli
interventi, le tv cinesi trasmettevano le
testimonianze di qualche scampato, me-
glio se uiguro a dimostrare che la violen-
za «dei terroristi separatisti» non guarda
in faccia a nessuno. Le autorità hanno
lanciato i loro proclami. Il governatore
della provincia, Nur Bakri, ha invitato la
popolazione a serrare le fila in nome del-
l’armonia etnica, erigendo «un muro di
cotone e di ferro». Il segretario del Parti-
to comunista in Xinjiang, Wang Lequan,
ha attaccato la più nota dei paladini della
causa uigura, Rebiya Kadeer, riparata dal
2005 negli Usa: «I suoi sono falsi diritti
umani, falsa democrazia, ma vera violen-
za e vero terrorismo». A Urumqi è scatta-
ta una caccia all’uomo, sono stati arresta-
ti «diversi personaggi chiave», alcune de-
cine i ricercati.
Un bilancio di morte di queste propor-
La scheda
lio) che premia quelli venuti da fuori. Le
autorità centrali temono il cortocircuito
tra frustrazioni etniche, nazionalismo ir-
redentista e la spinta verso un islamismo
radicale che ha portato diversi militanti
a seguire la chiamata qaedista.
È anche per questo che Pechino ha an-
nunciato con una forza e una chiarezza
sorprendenti il numero altissimo di mor-
ti. Anche se a tanta trasparenza fa da
sponda il blocco delle telecomunicazioni.
Con uno zelo e una radicalità che forse
neppure gli ayatollah di Teheran hanno
esibito nelle settimane scorse, e andando
al di là dei divieti che in tutta la Cina già
accecano siti scomodi, Urumqi ieri sera
era una città isolata dal mondo. La stessa
quiete delle sue strade, presidiate dai blin-
dati nelle zone sensibili, era calata sul si-
stema di comunicazioni. Il «controllo del
traffico» su alcune aree dalle 9 di ieri sera
alle 7 di stamane, di fatto un coprifuoco,
si è trasferito su modem e telefoni. La Ci-
na globale, la Cina che siederà al tavolo
dei G8 dove la sua economia — la terza
del mondo— l’ha legittimamente spinta,
ha scelto lo strumento con cui provare a
plasmare le sue verità: il silenzio. Il silen-
zio regna su Urumqi.
Marco Del Corona
Soccorsi Un ferito portato in ospedale
Provincia
Lo Xinjiang (in
cinese: Nuovi
Territori) è una
provincia
autonoma cinese
Superficie
Estesa 1.660.000
km•,oltre cinque
volte l’Italia, ha una
popolazione di 19
milioni di persone,
il 45 per cento dei
quali di etnia uigura
Turcofoni
Gli uiguri,
musulmani e
turcofoni, sono in
lotta contro il
governo centrale,
accusato di
reprimere lingua e
cultura. Pechino
ribatte che nella
regione operano
terroristi islamici
stranieri
La città descritta da Marco Polo
E il bazar-gioiello di Kashgar sarà demolito
In pericolo Il centro di Kashgar
Fino a pochi mesi fa non era
impossibile rivedere gli archi in tufo, i
portali, i vicoli oscuri scavati nelle
pareti di case di paglia e fango con la
stessa prospettiva di Marco Polo,
giunto a Kashgar (Kashi per i cinesi)
nel 1271. Ne Il Milione , il borgo
cresciuto attorno a un’oasi lungo la Via
della Seta, per il viaggiatore veneziano,
era «Cascar». Magnifico esempio di
città islamica medioevale, la più grande
dell’Asia Centrale, Kashgar, almeno
nella sua parte più antica, intorno al
vecchio bazar, sta per scomparire. Il
governo cinese le ha infatti riservato la
stessa sorte già attraversata dalle
maggiori metropoli del Paese: la
distruzione dei centri storici per
«risanare e migliorare la vita dei
residenti». Le ruspe sono già al lavoro.
Le ricostruzioni, a questo punto, sono
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Il reportage
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Martedì 7 Luglio 2009 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Martedì 7 Luglio 2009
Primo Piano
5
Russia-Stati Uniti Il vertice
Medvedev e Obama tagliano le armi nucleari
DAL NOSTRO INVIATO
l’Unione sovietica, ma ogni
equazione strategica passa an-
cora per Mosca. E Obama ne
prende atto, offrendo a Me-
dvedev un dialogo paritario
su tutte le questioni centrali,
ma senza cedere nulla sulla so-
stanza delle posizioni america-
ne.
Il vero successo della gior-
nata è l’accordo-quadro sulle
armi strategiche, il più signifi-
cativo dalla fine della Guerra
fredda. Sostituirà il trattato
«Start I» del 1991 che scade al-
la fine dell’anno e che, insie-
me al trattato di Mosca del
2002, impone a entrambi i Pae-
si un tetto di testate nucleari.
Ora, i negoziatori hanno man-
dato di trovare un punto d’in-
tesa all’interno di due forbici:
da 500 a 1.100 per i missili, da
1.500 a 1.675 per le testate.
L’asimmetria è inevitabile,
visto che gli americani hanno
un minor numero di cariche
installate su un maggior nu-
mero di missili, i russi all’op-
posto dispongono di più testa-
te su una quantità inferiore di
vettori.
Ai nuovi limiti si dovrà
scendere entro 7 anni, mentre
un più sofisticato sistema di
verifiche prenderà il posto di
quello che cessa di esistere in
dicembre. «È un primo, im-
portante passo per migliorare
la piena cooperazione tra di
noi», ha detto Medvedev, rag-
giante per quello che è il suo
Onori di casa
La stretta di mano tra Obama
e Medvedev; in alto al tavolo
dei negoziati (Novosti; Epa)
primo successo internaziona-
le da quando è al Cremlino e
così di buon umore da sorride-
re facondo, quando Barack
Obama ha avuto un piccolo
lapsus definendo presidente
Vladimir Putin, il predecesso-
re e, secondo alcuni, il suo bu-
rattinaio.
Non c’è convergenza su tut-
to ovviamente, come testimo-
nia l’onesta ammissione di di-
saccordo sullo scudo missili-
stico. Ma anche qui, per la pri-
ma volta Washington incassa
in una dichiarazione separata
il riconoscimento di un linka-
ge , una connessione stretta
tra sistemi strategici offensivi
e difensivi. Detto altrimenti, il
no di Mosca al radar e agli in-
tercettori da installare in Polo-
nia e Repubblica Ceca rimane.
Ma ora anche il Cremlino rico-
nosce la minaccia comune,
rappresentata dalla prolifera-
zione dei missili balistici, leg-
gi Corea del Nord e Iran. E ac-
cetta di cooperare nella ricer-
ca delle giuste risposte.
L’amministrazione da parte
sua fa un gesto rilassante, rin-
viando ogni decisione finale
sul sistema che tanto innervo-
sisce Mosca a dopo la fine del-
la revisione in corso sulla sua
fattibilità e convenienza.
«Attenzione — avverte Mi-
chael McFaul, il consigliere di
Obama sulla Russia — non
stiamo discutendo di limitare
le difese anti missile in Euro-
pa, ma di migliorarle. Il perico-
lo dall’Iran è reale. Noi credia-
mo sia possibile fronteggiar-
lo, rafforzando contemporane-
amente la sicurezza nostra,
dei nostri alleati e dei russi».
Se il nuovo patto strategico
offre una misura del ritrovato
status da superpotenza, il se-
gnale più spettacolare di un
nuovo inizio nei rapporti tra
Mosca e Washington è quello
dato sull’Afghanistan: il Crem-
lino dà il segnale verde al pas-
saggio sul suo territorio e nel
suo spazio aereo di truppe e
forniture militari per la mis-
sione americana. Barack Oba-
ma lo ha definito «un contri-
buto sostanziale allo sforzo in-
MOSCA — Tra gli ori lucci-
canti della Sala di Sant’Andrea
al Cremlino, dove gli zar deco-
ravano gli eroi russi, Barack
Obama e Dmitrij Medvedev ri-
mettono in scena il repertorio
delle superpotenze. I presiden-
ti di Stati Uniti e Russia rilan-
ciano la distensione, firman-
do un’intesa preliminare per
ridurre al più basso livello di
sempre i rispettivi arsenali nu-
La gaffe
Il via libera
Il leader statunitense ha
definito «presidente»
Putin, predecessore
di Medvedev e attuale
premier
Mosca dà il segnale verde
al passaggio sul suo
territorio e nel suo spazio
aereo di truppe e forniture
militari per l’Afghanistan
cleari strategici. Di più, con
una serie di accordi di coope-
razione sulla sicurezza, la lot-
ta al terrorismo, l’Afghanistan
e l’Iran, i due leader della nuo-
va generazione mostrano la
concreta volontà di «mettersi
alle spalle i sospetti e le rivali-
tà» del recente passato, «dan-
do l’esempio» e «indicando la
strada» alla comunità interna-
zionale.
Per un giorno, la capitale
russa rivive in un flash-back
l’eccitazione di quando i verti-
ci Usa-Urss decidevano le sor-
ti del mondo. Non sarà più
ternazionale contro il terrori-
smo, che risparmierà tempo e
risorse alle nostre truppe». E
in realtà, il permesso di Mo-
sca significa che nell’arco di
un anno l’esercito Usa non do-
vrà pagare ai russi 133 milioni
di dollari in diritti di transito
aereo.
Riprenderà anche la coope-
razione militare, interrotta do-
po la crisi della Georgia, dove
pure le distanze rimangono:
un esempio per tutti, reparti
speciali dei due Paesi faranno
esercitazioni comuni contro i
dirottamenti aerei.
Paolo Valentino
La parola
Mogli
Svetlana
porta
al museo
l’ospite
Michelle
«Uvazhenje», rispetto
rispetto. Forse nessuna
parola russa esprime meglio il
significato di quanto è
accaduto ieri fra le antiche
mura del Cremlino.
Dimenticate il nuovo Start,
dimenticate le intese piccole e
grandi che hanno segnato il
successo del vertice. In fondo,
Barack Obama si è imposto su
tutta la linea o quasi. Ma per
Medvedev e la sua Russia ciò
che contava era la riconquista
tangibile dell'uvazhenje,
tornare a essere rispettati e
presi sul serio, dopo essersi
visti umiliati e offesi nella
tragedia sovietica. Due
passaggi dell'introduzione del
presidente russo alla
conferenza stampa tradiscono
in modo quasi näif la verità:
«I nostri potenti Stati hanno
una speciale responsabilità
per quanto accade nel
mondo». E un'altra:
«Durante la Seconda guerra
mondiale abbiamo salvato il
mondo e allora ci fu
cooperazione strategica tra i
nostri Paesi. Anche adesso
sentiamo che molto dipenda
da noi due». Voce dal sen
fuggita. Uvazhenje.
Rispettate i russi. Saranno
molto più ragionevoli.
Svetlana
Medvedeva
(44 anni, un
figlio) moglie
del presidente
russo, con
Michelle
Obama (45
anni, due
figlie) visitano
i musei
del Cremlino
(Ap/ Rodionov)
Nuovo patto strategico firmato al Cremlino. Gli Usa sospendono le scelte sullo scudo spaziale
‘‘ (P.Val) Uvazhenje,
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