Il Corriere della Sera - 19.08.2009.pdf

(14411 KB) Pobierz
140240027 UNPDF
MERCOLEDÌ 19 AGOSTO 2009 ANNO 134 - N. 195
In Italia EURO 1,00
Milano, Via Solferino 28
Tel. 02 6339
Fondato nel 1876 www.corriere.it
Roma, Piazza Venezia 5
Tel. 06 688281
Simbolo della cultura d’Oltralpe
Mafia cinese
In edicola
Parigi cede la sua Biblioteca a Google
Pechino strangola le Triadi
Manette per 1.500 persone
Vasco
Il 1˚ album «Canzoni per me»
con cofanetto in omaggio
Accordo per rendere consultabili online 30 milioni di libri
di Marco Del Corona
apagina10
a9,90euro
di Michele Farina apagina21
più il prezzo del quotidiano
L’USCITADALLA CRISI E LA SUA EREDITÀ/3
Uccisi soldati Nato, dipendenti Onu e civili afghani. Attacco anche agli italiani
La lettera
a Galli della Loggia
UTOPIE DANNOSE
E UTOPIE UTILI
Kamikazecontro il votoaKabul
IL G IOVANE
L EGHISTA
ELA S TORIA
D’ I TALIA
I talebani tengono il palazzo presidenziale sotto il tiro dei razzi
di TOMMASO PADOA-SCHIOPPA
U n illuminato go-
verno mondiale
che avesse il com-
pito di trarci fuo-
ri dalla crisi ragionerebbe
pressappoco così: non basta
arrestare il crollo dell’econo-
mia e della finanza, obietti-
vo perseguito finora; uscire
davvero dalla crisi significa
porre il mondo sul sentiero
di una crescita che possa du-
rare nel tempo senza sfocia-
re in una nuova catastrofe:
una crescita, come dicono
gli economisti, sostenibile .
L’aggettivo «sostenibile»
è stato molto approfondito
negli ultimi venti o trent’an-
ni e ha almeno tre significa-
ti. Il primo è economico-fi-
nanziario : per tutti i sogget-
ti pubblici e privati ci deve
essere un equilibrio durevo-
le tra risorse impiegate e ri-
sorse disponibili. Il secondo
è sociale : disparità di vita
troppo grandi tra i popoli o i
ceti offendono la solidarietà
umana e minacciano pace e
sicurezza. Il terzo è ambien-
tale : la natura stessa, un tem-
po imperturbabile come Gio-
ve Olimpo, è diventata fragi-
le e chiede protezione.
La crescita ante-2007 era
insostenibile sotto il profilo
economico-finanziario, ol-
tre che sotto gli altri due.
Ignorarlo ha portato al disa-
stro, che ha distrutto molta
della ricchezza creata negli
anni grassi. Sarebbe irre-
sponsabile farvi ritorno; il
tentativo, se compiuto, pro-
babilmente fallirebbe.
Si può allora chiedere:
perché mai «crescita»? Non
sarebbe meglio la cosiddet-
ta «crescita zero», proposta
decenni fa dal Club di Ro-
ma? La risposta è no, perché
non sarebbe sostenibile so-
cialmente; non basterebbe a
migliorare la condizione del-
l’oltre metà del genere uma-
no priva di scarpe ai piedi,
di acqua potabile, di cure
mediche adeguate, per non
dire del miliardo a rischio di
morte per fame. No, quindi,
alla crescita zero per il mon-
do intero; ma sì (o quasi)
per il mondo ricco, che scar-
pe ne ha in abbondanza, la-
scia aperto il rubinetto del-
l’acqua, getta molte delle
medicine ottenute gratis e
da solo produce gran parte
del degrado ambientale.
In breve: crescita mondia-
le moderata, concentrata
nei Paesi emergenti di Asia
e America latina, presidiata
da un sistema mondiale di
leggi, tasse, spese, incentivi,
aiuti, norme ambientali che
la rendano sostenibile sotto
i tre profili.
Le questioni irrisolte e le
difficoltà concettuali non so-
no da poco, ma un modello
di crescita sostenibile non è,
per l’economista, terra inco-
gnita . Indirizzarvi l’econo-
mia-globale-di-mercato, mo-
bilitando i normali strumen-
ti di governo propri di ogni
stato moderno non sarebbe
impossibile. Politicamente e
tecnicamente difficilissimo,
sì, ma non impossibile.
Sappiamo bene che l’illu-
minato governo mondiale
di cui stiamo parlando non
esiste. E allora? Dedurne
che il mondo s’incammine-
rà spontaneamente sul sen-
tiero qui descritto è un’uto-
pia dannosa, al pari del cre-
dere che fuori da quel sen-
tiero tutto possa filar liscio.
Il pianeta ospita circa due-
cento Stati che si dicono so-
vrani, ciascuno intento a
promettere l’uscita dalla cri-
si e a trarre vantaggio da
ogni errore o debolezza de-
gli altri. Sono in agguato in-
flazione, conflitti commer-
ciali, nuove crisi, per non di-
re guerre minacciate e guer-
reggiate. Non la mano invisi-
bile di Adamo Smith, ma il
caos descritto da Hobbes.
Pensare una crescita
mondiale sostenibile è, inve-
ce, un’utopia utile, perché
anche se il governomondia-
le è assai lontano e se il
G20, il Fondo monetario in-
ternazionale, le Nazioni Uni-
te ne sono solo simulacri
pallidissimi, essi sono pur
sempre gli unici luoghi do-
ve cercare i frammenti di
un’azione responsabile.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
* Ultimo di tre articoli. I precedenti
sono stati pubblicati il 2 e l’11 agosto
e sono consultabili su www.corriere.it
Nuove violenze in Afghanistan alla vi-
gilia delle elezioni presidenziali previste
per domani: sette persone, di cui sei sol-
dati britannici, sono morte per un attac-
co suicida a Kabul, mentre un altro ka-
mikaze ha fatto cinque vittime davanti a
un seggio elettorale nel Sud.
Giannelli
All’interno
di 24 anni, leghista
abbastanza convinto, e mi
vergogno dell’Unità
d’Italia, penso al disegno
di conquista dei Savoia,
alla Prima Repubblica
clientelare... E per quanto
riguarda l’oggi, mi irrita il
multiculturalismo forzato
e così mi danno del
razzista». Così il lettore
Matteo Lazzaro in una
lettera a Ernesto Galli
della Loggia. Che replica:
una scuola faziosa ha
insegnato a tanti giovani
una falsa storia nazionale
«impregnata di negatività,
violenza e imbrogli». Ma
sull’oggi «Lazzaro ha
ragione da vendere».
A PAGINA 14
LOTTA ALL’EVASIONE
Paradisi e false residenze:
recuperati 3,3 miliardi
Bruxelles lancia Eurofisco
Razzi per Karzai. In mattinata è sta-
to colpito da alcuni razzi il palazzo presi-
denziale della capitale, sede del leader
Karzai. Poco dopo altri razzi hanno col-
pito la sede centrale della polizia afgha-
na. Gli attacchi sono stati rivendicati da
un portavoce dei talebani.
di ROBERTO BAGNOLI
A PAGINA 6 Gergolet
ECONOMIA
I nove Btp e titoli
per difendere i risparmi
se tornerà l’inflazione
Scontri con gli italiani. Nel corso di
una operazione congiunta, uomini delle
forze di sicurezza afghane e i militari ita-
liani sono stati attaccati nelle vicinanze
di Farah con armi automatiche e razzi e
hanno risposto al fuoco. Nessun ferito.
ALLE PAGINE 2 E 3
L. Cremonesi e Nicastro
di MASSIMO SIDERI
A PAGINA 29
Calabria
Addio a Fernanda Pivano
Il premier replica all’«Avvenire»
Truffa all’Inps
E la dirigente
onesta finisce
sotto scorta
Berlusconi: solo cene
mai festini
nelle mie residenze
di GIAN ANTONIO STELLA
grande donna
da proteggere, in
Calabria. Una donna
che sta rischiando
grosso per aver fatto
un gesto che da
qualunque altra parte
del mondo
occidentale, da
Helsinki a Vancouver,
è ovvio
e normale: ha passato
ai giudici i documenti
d'una truffa all'Inps.
Truffa che per anni
aveva fatto scrosciare
acquazzoni di denaro
su mogli, cognati,
sorelle, fratelli,
cugini, parenti e
amici di uomini di
rispetto
che si spacciavano,
senza esserlo, per
«braccianti agricoli».
CONTINUA A PAGINA 21
Berlusconi vola in Tu-
nisia nel massimo riser-
bo e affida al settimanale
Chi un suo lungo sfogo
sul sex-gate, sui rapporti
con i figli e sulla politica.
Riguardo alle feste nel-
le sue ville che hanno pro-
vocato anche la reazione
di giornali cattolici come
l’ Avvenire sostiene: «So-
no anche loro caduti nel
tranello delle calunnie
contro di me, prendendo
per vere notizie false».
Il Cavaliere smentisce
ogni legame con Noemi o
coetanee: «Non ho mai
avuto relazioni con mino-
renni». Nega che nelle
sue residenze si siano te-
nuti festini. Si è trattato
invece solo di «cene sim-
patiche, ma ineccepibili
per moralità e eleganza».
ALLE PAGINE 12 E 13
Di Caro
Bankitalia
«Gli immigrati
non tolgono
il lavoro»
La ragazza della Beat Generation
Secondo gli economisti
di Bankitalia, gli
immigrati non tolgono
lavoro agli italiani, anzi,
aumentano le
opportunità di
un’occupazione più
qualificata per i nostri
cittadini. Quanto alle
donne, il sostegno di
badanti e baby sitter
immigrate consente
loro di lavorare.
Insorge la Lega Nord.
di JAYMcINERNEY
«Grazie alla sua influenza, mi trovai trasformato in un
grande scrittore americano prima ancora di essere
tradotto in italiano...Essere adottati da Fernanda fa un
po’ paura, è difficile sentirsi degni di far parte del suo
pantheon di giganti letterari». Così Jay McInerney
ricorda Fernanda Pivano ( nella foto grande con
Hemingway , a sinistra in uno scatto di Elio
Colavolpe ), la «ragazza che adottò la Beat Generation»,
morta ieri a 92 anni. ALLE PAGINE 32 e 33 Perosa e Polese
A PAGINA 5 Iossa e L.Salvia
Palla avvelenata tra Lippi e Mourinho
Scambio di battute alla
vigilia del campionato. Il
ct della nazionale, Marcel-
lo Lippi, prevede: «Lo scu-
detto lo vince la Juve». Re-
plica di José Mourinho, al-
lenatore dell’Inter cam-
pione d’Italia: «Manchi di
rispetto». Lippi: «Esagera-
to». Mou: «Esagerato? Sei
tu che hai dato un indiriz-
zo alla stagione. Non
puoi». Tra i due non è la
prima volta.
A PAGINA 36 Pistone
A PAGINA 8 De Ponti
Primo bilancio
Dalla Svezia a Verona
Divorzi rapidi,
forse troppo:
i dubbi francesi
sulla nuova legge
Burkini, bikini
e topless: lo scontro
di civiltà
arriva in piscina
di CESARE RIMINI
di MARIA LAURA RODOTA’
A PAGINA 11
A PAGINA 18 Castaldo
«S ono uno studente
C’ è una piccola
La sfida Il ct: «Scudetto alla Juve». Il portoghese: «Manchi di rispetto»
140240027.051.png 140240027.062.png 140240027.064.png 140240027.065.png 140240027.001.png 140240027.002.png 140240027.003.png 140240027.004.png 140240027.005.png 140240027.006.png 140240027.007.png 140240027.008.png 140240027.009.png 140240027.010.png 140240027.011.png 140240027.012.png 140240027.013.png 140240027.014.png 140240027.015.png 140240027.016.png 140240027.017.png 140240027.018.png 140240027.019.png 140240027.020.png 140240027.021.png
2 Primo Piano
Mercoledì 19 Agosto 2009 Corriere della Sera
#
Afghanistan Le elezioni
Kabul sotto il fuoco talebano
Kamikaze fa dieci vittime. Nuovo attacco contro gli italiani
DAL NOSTRO INVIATO
di sicurezza. E Karzai ha dato il
via libera a due decreti dei mini-
steri degli Esteri e dell'Interno,
che nel giorno del voto vietano
ai giornalisti di rendere conto di
episodi di violenza o recarsi sul
luogo di attentati. Bombardato
ieri anche il quartiere ammini-
strativo di Jalalabad e tre scuole
che dovevano fungere da seggi
elettorali a Logar, provincia
pashutun come Kunar dove in-
vece c'è stato un assedio di 15
minuti ad un'altra scuola e un'
imboscata al convoglio che por-
tava sedie e scatoloni per doma-
ni. Nella provincia di Farah, i sol-
dati italiani sono stati attaccati
con armi automatiche e razzi an-
ticarro: nessuna vittima. L'offen-
siva integralista vuole dimostra-
re che nessuno è al sicuro.
E' di sabato l'autobomba da-
vanti al quartier generale Nato,
nel cuore di Kabul. La città è im-
mersa nel traffico di sempre, ma
la gente parla di paura. Sarà una
giornata di sangue. Perché ri-
schiare? E' ciò che vogliono i tale-
bani. A campagna elettorale con-
clusa, i candidati continuano a
lavorare. «Nella valle del Pan-
shir, dove vive la mia famiglia
— racconta il fruttivendolo
Amon Jan — il maresciallo
Fahim, candidato come vice di
Karzai, promette agli anziani 50
dollari ogni voto a favore del pre-
sidente che verrà contato in quel
distretto». La Bbc denuncia un
mercato di schede elettorali più
economico a Kabul: 1000 a 10
dollari l'uno. In teoria dovrebbe
valere il principio «una persona,
un certificato, un voto» tanto
che per evitare i voti multipli si
sporcherà di un inchiostro spe-
ciale l'indice di ogni elettore. Ma
nelle campagne gli scrutinatori
non fanno quasi mai rispettare
la regola. E’ il capo famiglia che
porta i certificati delle donne di
casa e nessuno contesta il suo di-
ritto a votare per loro. Manovra-
re pacchetti di voti è la via afgha-
na al sistema di lobby. In cambio
di un ponte, un pozzo, denaro, il
capo clan concede l'appoggio del
gruppo al candidato. Visto l'uso
del pagamento posticipato, im-
portante è scegliere il vincente. E
Karzai, nonostante le critiche,
sembra ancora essere il favorito.
A. Ni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
KABUL — «Al Hamdulillah
— grazie a Dio — sono passato
di lì proprio due minuti prima.
Altrimenti...». Ieri Jawed, guar-
dia armata di un ristorante, è en-
trato nella schiera degli afghani
miracolati. Kabul ne è piena.
Una volta erano le bombe del ge-
nerale Rashid Dostum (oggi
grande elettore del presidente
Karzai) a cadere «proprio dietro
l'angolo» oppure i razzi del co-
mandante Massud (ispiratore di
Abdullah, lo sfidante principale)
a «sfiorare il tetto della mia ca-
sa». Da qualche anno tocca alle
auto-bomba dei talebani. Ieri
Jawed ha sentito il botto dalla
sua auto.
Si è fermato, è tornato indie-
tro e ha visto il carnaio.
Censura
Domani ai giornalisti è
proibito diffondere notizie
di violenze e accedere
alle zone degli attentati
Almeno 10 le persone morte.
Il kamikaze ha guidato in modo
da accostarsi ad una vettura con
l'insegna Onu appena uscita dal-
la sede della Commissione elet-
torale afghana e ha innescato
l'esplosione. Due dei morti sono
dipendenti locali delle Nazioni
Unite, uno è un soldato britanni-
co, gli altri sono civili, come la
stragrande maggioranza dei 50
feriti. E' molto probabile che
l'obbiettivo fosse proprio la
Commissione elettorale, ma su
via Jalalabad, la strada dei ka-
mikaze, c'è solo l'imbarazzo del-
la scelta. In 7 chilometri ci sono
5 basi militari straniere e una af-
ghana. Con i seggi per scegliere
il nuovo presidente che si apro-
no e chiudono giovedì, bombe e
attacchi diventano politica. I
portavoce talebani ribadiscono
il «no» alle elezioni conminacce
di ogni genere. L'ala militare ren-
de l'ordine più convincente. In
mattinata a Kabul, ancora prima
dell'autobomba, erano piovuti
razzi sul palazzo presidenziale e
sul commissariato centrale di
polizia. Per fortuna senza far
danni, ma umiliando l'apparato
Gli elettori e i seggi
Domani si tengono in Afghanistan
le elezioni presidenziali e provinciali.
Secondo le stime della
Commissione Indipendente afghana
per le Elezioni gli elettori sono circa
15 milioni su una popolazione
di 33 milioni. La commissione
elettorale ha chiesto l’autorizzazione
per l’apertura di quasi 7.000 seggi
ma circa 440 saranno chiusi
per motivi di sicurezza
I candidati
Per le elezioni provinciali ci sono
oltre 3.000 candidati, per il 10%
donne. I candidati presidenziali
sono invece 31 (contro i 41
originariamente registrati),
tra cui due donne. Nei sondaggi
è in vantaggio il presidente uscente
Hamid Karzai, che potrebbe andare
al ballottaggio con l’ex ministro
degli Esteri Abdullah Abdullah
I risultati
I dati preliminari saranno annunciati
il 3 settembre e quelli definitivi
due settimane dopo. Se nessun
candidato otterrà più del 50%
dei voti al primo turno, i due che
avranno ottenuto più voti andranno
al ballottaggio a inizio ottobre
«I vostri soldati hanno lavorato bene
ma sarebbe servito più coordinamento»
DAL NOSTRO INVIATO
va di mezzo il processo elettorale». A sentire
lui, ma ascoltando anche le repliche del gene-
rale Rosario Castellano, che comanda le trup-
pe Nato-Isaf nell’intera regione occidentale,
viene un poco il dubbio che cerchi di mettere
le mani avanti, in vista di un possibile flop
elettorale nella zona alle presidenziali di do-
mani. «I nostri rapporti con il governatore e i
maggiori responsabili militari e della polizia
afghani sono ottimi. Ci sono incontri e contat-
ti continui, quotidiani», fa sapere infatti Ca-
stellano tramite i suoi portavoce e ce lo aveva
ribadito personalmente durante una lunga in-
tervista due giorni fa.
Eppure vale la pena di stare ad ascoltare Nu-
ristani. Fedelissimo di Karzai, di cui fu porta-
voce dopo la guerra del 2001, è un politico na-
vigato. Fu ministro delle Risorse idriche dopo
le presidenziali del 2004 e poi vice ministro
della Difesa, prima di diventare la massima au-
HERAT — «Mancanza di coordinamento,
peccato, un vero peccato. Con gli italiani c’è
stata mancanza di coordinamento», sostiene
aprendo le braccia il governatore di Herat, Ah-
med Yusuf Nuristani. «Un paio di settimane
fa ci eravamo accordati perché le truppe Isaf
nella nostra regione si recassero a bonificare
tutti i seggi contro la presenza della guerriglia
talebana a partire da almeno 10 giorni dal vo-
to. Ma questo non è avvenuto. Si sono mossi
tardi. Solo negli ultimi tre o quattro giorni ab-
biamo visto una consistente attività militare
nelle zone più difficili, non ultima quella di
Ghozare, qui alla periferia meridionale di He-
rat, e poi nei settori caldi di Farah. Ma hanno
fatto poco a Shindand, Kusikir Kiona e altre
località controllate dai talebani. Non capisco
come ciò sia potuto avvenire. Il fatto è che ne
Vicino a Karzai
Ahmed Yusuf Nuristani,
ex portavoce di Karzai,
ministro delle Risorse idriche
e vice ministro della Difesa,
è l’attuale governatore di Herat
Razzi sul palazzo di Karzai
Il colloquio Il governatore di Herat Ahmed Yusuf Nuristani
140240027.022.png 140240027.023.png 140240027.024.png 140240027.025.png 140240027.026.png 140240027.027.png 140240027.028.png 140240027.029.png 140240027.030.png 140240027.031.png 140240027.032.png 140240027.033.png 140240027.034.png
Corriere della Sera Mercoledì 19 Agosto 2009
Primo Piano
3
#
Voto e vittime
A sinistra la strada da
Kabul a Jalalabad,
dove un convoglio
Nato è stato colpito da
un’autobomba (Ap). Nel
tondo, donne afghane
e poster elettorali a
Herat (Reuters). A
destra, la bara del
soldato britannico
Daniel Wild ucciso il 13
agosto nella provincia
di Helmand (Epa)
Esiti I possibili risultati visti da Antonio Giustozzi, studioso della London School of Economics
Più delusione che paura: gli scenari del dopo voto
Il disincanto verso la ricostruzione ha prevalso sulle stesse minacce dei fondamentalisti
8
DAL NOSTRO INVIATO
le che sia costretto al ballottaggio con il
tajiko Abdullah. Ma a quel punto il presi-
dente vincerà di sicuro. Non tanto e non
solo per una questione di consensi, ma
perché ha in mano le leve necessarie a
compiere brogli anche clamorosi.
Tutti i responsabili delle commissioni
elettorali sono sotto il suo controllo. Ci
sono sul mercato una grande quantità di
certificati elettorali, vuol dire che c’è qual-
cuno che li compra. In un’elezione presi-
denziale non ha senso accaparrarsi un
centinaio di voti, bisogna manovrarne
centinaia di migliaia. E Karzai ha i mezzi
necessari.
Già nelle presidenziali del 2004 gli os-
servatori neutrali avevano segnalato che
in aree dove era stata registrata una parte-
cipazione femminile del 40%, ai seggi
non si era vista neppure l’ombra di una
donna. Questa volta i voti femminili spo-
stati dal capo tribù o dall’anziano di tur-
no in cambio di denaro o favori saranno
ancora più numerosi. Nelle campagne c’è
stata una vera caccia alla registrazione di
donne e giovani per poter disporre dei lo-
ro certificati elettorali. Non dovesse ba-
stare tutto ciò, ci penseranno comunque
i responsabili della macchina governati-
va truccando i numeri fino a garantire la
rielezione del presidente».
KABUL—Che cosa accade fra due gior-
ni in Afghanistan? Vincono i talebani ob-
bligando la gente a non votare? Rivince
(e convince) Karzai? E se invece qualcu-
no gridasse ai brogli? C’è la possibilità
che Kabul si infiammi in un tutti contro
tutti visto tante volte? E se, contro i pro-
nostici, Karzai perdesse? Uno dei pochi
ad avere la competenza per leggere nella
sfera di cristallo dell'Afghanistan è Anto-
nio Giustozzi, un «cervello» italiano fug-
gito all’estero. Ricercatore alla London
School of Economics , 42 anni, Giustozzi è
tra i più ascoltati esperti di cose afghane.
I suoi saggi sono regolarmente saccheg-
giati dai think tank governativi per dare a
politici e diplomatici le coordinate del
mare afghano.
gli attacchi talebani ieri. Due a Kabul: razzi e autobomba
contro un convoglio Isaf; kamikaze a un seggio nella
provincia di Uruzgan. Ordigno nella provincia di Badakhshan.
Bombe su Jalalabad e su 3 scuole nella provincia di Logar.
A Kunar assedio a una scuola. Attacco agli italiani a Farah
Reazioni
26
Fini preoccupato
E Bossi:
bisogna riflettere
le vittime tra le forze Usa in agosto
dopo che ieri due militari americani della Nato sono
rimasti uccisi per l’esplosione di una bomba
artigianale nell’Est dell’Afghanistan
Vincono i talebani
«La leadership talebana — sostiene
Giustozzi — non è direttamente entrata
in gara. Le dichiarazioni, le minacce, gli
attentati sono il minimo che potessero fa-
re. Di fatto, però, hanno lasciato ampio
spazio di manovra ai singoli comandanti.
Questo senz’altro per un problema inter-
no di frammentazione: ci sono i talebani
vicini ad Al Qaeda ideologicamente con-
trari al voto e ce ne sono di più pragmati-
ci.
torità di Herat nel febbraio di quest’anno.
Non è il solo a chiedere «maggior coordina-
mento con i rappresentanti civili e militari ita-
liani». Ci hanno espresso richieste simili an-
che due tra i 20 deputati eletti nella regione di
Herat nel 2005: Ahmad Bezat e Omar Samim.
In particolare quest’ultimo, medico, presiden-
te della Commissione Sanità al Parlamento di
Kabul, non ha risparmiato le critiche per la
«cattiva costruzione e gestione» di alcune
strutture finanziate dalla Cimic (l’organo mili-
tare per il sostegno ai civili) e dalla Coopera-
zione Italiana come l’ospedale pediatrico e le
attività di ristrutturazione dell’Ospedale Pro-
vinciale.
Incontriamo Nuristani invece in quello che
è tra i fiori all’occhiello dell’aiuto italiano nel-
la zona: il carcere femminile. È la sua prima
visita ufficiale dall’apertura della struttura po-
chi mesi or sono. E lui non fa che magnificar-
la. «Ottimo, stupendo, sembra quasi un alber-
go di lusso», esclama camminando sulla mo-
quette rossa e visitando la sala computer, gli
stanzoni puliti, areati, le aree dove le prigio-
niere possono tessere tappeti, studiare ingle-
se. Delle 106 detenute, molte giovanissime,
che hanno spesso con loro i figli (la struttura
ospita 84 bambini di età compresa tra pochi
mesi e 10 anni), il governatore si limita a dire
che in parecchi casi si tratta di adultere o ra-
gazze madri «salvate» nel carcere contro i «de-
litti d’onore» perpetrati dalle famiglie in que-
sti casi. Ma la sua preoccupazione fissa resta-
no la crescita della violenza talebana e il peri-
colo che infici le elezioni. «Quattro anni fa He-
rat era la regione più calma del Paese. Poi so-
no cresciuti terrorismo e criminalità. Negli ul-
timi mesi, grazie alle nostre forze di sicurezza
e agli italiani, la situazione era sembrata torna-
re sotto controllo. Ma da metà luglio ha ripre-
so a deteriorarsi e il voto è a rischio, almeno
nelle zone rurali».
Ma se il gruppo di comando centrale
avesse voluto chiudere i seggi nelle vaste
aree sotto il suo controllo avrebbe potuto
farlo facilmente.
Invece ha permesso che alcuni leader
trattassero con la famiglia Karzai una tre-
gua ben remunerata per il giorno delle
elezioni. Ad altri, è stato permesso di ven-
dere pacchetti di voti. Ci sono addirittura
comandanti talebani che fanno campa-
gna per Ashraf Ghani — il candidato più
filo-americano, ndr —. Per questo la bas-
sa affluenza non dovrà essere letta come
vittoria talebana. Se pochi andranno a vo-
tare sarà soprattutto per la delusione nei
confronti del governo e della ricostruzio-
ne post-talebana. Non per le minacce».
MILANO — Il comunicato ufficiale
di Montecitorio arriva in serata:
«Il presidente della Camera
Gianfranco Fini sta seguendo con
grande preoccupazione
l’intensificarsi dell’offensiva
terroristica in Afghanistan, che sta
colpendo anche le forze militari
internazionali impegnate a
garantire le condizioni di
sicurezza necessarie
all’affermazione e al
consolidamento della democrazia,
grazie allo svolgimento di libere
elezioni per i suoi cittadini».
Per il ministro delle Riforme e
leader della Lega Umberto Bossi
l’intervento internazionale dei
soldati italiani in Afghanistan è
condivisibile «purché non sia per
l’eternità. Dopo le elezioni
bisogna pensare a venir via».
Vince Karzai
«Il voto si sta polarizzando su base et-
nica in modo ancora più determinante
che nel 2004. Per i pashtun, che sono et-
nia maggioritaria, Karzai è comunque il
meno peggio. Per i tajiki invece questo
voto è l’ultima spiaggia e si sono schiera-
ti compatti dietro al candidato Abdullah
per tentare di mantenere un certo potere.
Hanno ormai sperimentato la "strate-
gia del salame" di Karzai che taglia a fette
il loro schieramento comprando o elimi-
nando una fetta dopo l’altra. Ora è tocca-
to al maresciallo Fahim. Poi toccherà ad
altri e alle prossime elezioni non esiste-
ranno più come gruppo.
Per questo davanti a brogli evidenti o
a una vittoria risicata di Karzai potrebbe-
ro reagire. Il presidente a quel punto po-
trebbe rinviare di un anno o due il rime-
scolamento dei quadri al ministero della
Difesa o dell’Interno dove i tajiki sono do-
minanti. Rinviare, non rinunciare. Per-
ché anche Karzai sa che la presenza inter-
nazionale è diventata una questione di
anni, non è più eterna e ha bisogno di un
esercito che sia obbediente a lui e non ai
tajiki eredi del comandante Massud».
Andrea Nicastro
anicastro@corriere.it
©RIPRODUZIONE RISERVATA
La bonifica
Le truppe Isaf dovevano bonificare
tutti i seggi contro la presenza
della guerriglia almeno 10 giorni
prima del voto. Ma non è avvenuto
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Perde Karzai
«È lo scenario meno probabile. Possibi-
FOR VERY
ACTIVE PEOPLE
NET SYSTEM
LA SUOLA IN RETE SUPER TRASPIRANTE
LIBERA L’ ENERGIA DEI TUOI PIEDI
❜❜
140240027.035.png 140240027.036.png 140240027.037.png 140240027.038.png 140240027.039.png 140240027.040.png 140240027.041.png 140240027.042.png
4
Mercoledì 19 Agosto 2009 Corriere della Sera
140240027.043.png 140240027.044.png 140240027.045.png 140240027.046.png
Corriere della Sera Mercoledì 19 Agosto 2009
Primo Piano
5
#
Stranieri L’occupazione
Bankitalia e gli immigrati: non tolgono lavoro
ROMA—Non tolgono lavo-
ro agli italiani, gli immigrati.
Al contrario, aumentano le op-
portunità di un’occupazione
più qualificata per i nostri cit-
tadini e spingono le donne a
entrare nel mondo del lavoro.
Ha una firma autorevole, quel-
la della Banca d’Italia, lo stu-
dio dedicato al fenomeno del-
l’immigrazione che è contenu-
to nel rapporto sulle econo-
mie regionali del 2008. E che
sfata il luogo comune dello
straniero che ruba il posto al-
l’italiano. Secondo l’elabora-
zione degli economisti del-
l’istituto centrale, l’arrivo in
Italia di lavoratori stranieri
che si accontentano di lavori
poco qualificati, ha evidenzia-
to «l’esistenza di una comple-
mentarietà tra gli stranieri e
gli italiani più istruiti e le don-
ne». Gli italiani con maggior li-
vello di istruzione, infatti, han-
no aumentato le possibilità di
trovare un lavoro più qualifi-
cato, e quindi meglio pagato,
e di aspirare a posti di gestio-
ne e amministrazione. Quan-
to alle donne, il sostegno di
badanti e baby sitter immigra-
te consente loro di occuparsi.
Insorge subito la Lega
Nord. Per il senatore leghista
Lorenzo Bodega è vero il con-
trario: «Nella realtà io ho visto
che, soprattutto in Lombar-
dia, la manovalanza straniera
occupa dei posti che potrebbe-
Sud-Nord
ro essere benissimo occupati
da italiani». E il segretario Um-
berto Bossi ribadisce: «Biso-
gna pagare di più la nostra
gente che lavora, così i lavori
li fanno loro». Critico anche
Maurizio Gasparri, presidente
dei senatori del Pdl: «Questi
studi non sono attendibili,
inoltre tutto è relativo perché
c’è la tendenza degli italiani a
rifiutare alcuni lavori duri». E
se il Pd, da Cesare Damiano
(«La via maestra è quella della
regolarizzazione e non della
criminalizzazione») a Marco
Minniti, responsabile della Si-
curezza («I dati di Bankitalia
demoliscono tutte le tesi xeno-
fobe») concorda sulle conclu-
sioni dello studio e attacca il
governo sulle politiche del-
l’immigrazione, il Pdl si difen-
de scegliendo un’altra chiave
di lettura. «La polemica della
sinistra sui dati di Bankitalia è
sbagliata — dice Fabrizio Cic-
chitto, capogruppo alla Came-
ra —. Il governo persegue il
blocco all’immigrazione clan-
destina non perché preoccupa-
to dalla concorrenza della ma-
nodopera straniera ma per l’al-
to livello di criminalità diffu-
sa nell’immigrazione irregola-
re».
Per Bankitalia è tuttavia evi-
dente che gli italiani non fan-
no più tutta una serie di lavori
gravosi e sottopagati. Al loro
posto, sono subentrati gli im-
migrati. Inoltre, la presenza di
lavoratori stranieri ha cambia-
to anche la migrazione inter-
na tradizionale, perché oggi al
Centro Nord i lavori meno
qualificati vanno agli stranieri
mentre prima la domanda nel
settore industriale «era soddi-
sfatta dall’immigrazione dal
Mezzogiorno». Dunque è ve-
ro, scrivono gli economisti
dell’istituto centrale, che il tas-
so di occupazione degli stra-
nieri è superiore a quello de-
gli italiani ma è innegabile
che il lavoro immigrato paga
un prezzo in termini di scolari-
tà e di reddito.
Il 79,3 per cento degli immi-
grati occupati regolari al Cen-
tro Nord fa l’operaio, contro il
35,1 per cento degli italiani, e
guadagna l’11 per cento in me-
no. Il 44 per cento (che al Sud
sale al 60) fa un lavoro non
qualificato o semi-qualificato
contro il 15 per cento degli ita-
liani.
Milano
La presenza di
lavoratori stranieri ha
cambiato anche la
migrazione interna:
prima la domanda
nel settore industriale
nel Centro-Nord «era
soddisfatta
dall’immigrazione dal
Mezzogiorno»
Mariolina Iossa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Clandestino
salva un uomo
dal suicidio
e scappa
MILANO — È stato lì a
guardare un po’, mentre
i medici soccorrevano
l’uomo che lui aveva
appena salvato. Poi s’è
allontanato, uscendo dal
cortile, perché sapeva
che avrebbe rischiato
una denuncia per
l’espulsione.
Mohammed H., 23 anni,
non ha il permesso di
soggiorno. Nel tardo
pomeriggio dello scorso
12 agosto ha visto un
uomo che penzolava da
un balcone del secondo
piano in un palazzo di
via Inama, alla periferia
Est di Milano. Il ragazzo
s’è arrampicato e lo ha
afferrato, ha tenuto su il
corpo per allentare la
stretta del cappio alla
gola, fino a che un
inquilino del palazzo è
riuscito a salire anche lui
e tagliare la corda.
Mohammed ha rischiato
di cadere, ha appoggiato
il corpo sul balcone, è
sceso e dopo un po’
nessuno l’ha più visto.
La sua storia in Italia è
iniziata nel 2000, era un
«minore non
accompagnato» ed è
entrato in comunità, ha
studiato e lavorato,
preso il diploma da
elettricista e ottenuto un
contratto, ha imparato
l’italiano e fatto il
volontario in una
fondazione religiosa di
Milano. Ha fatto uno
sbaglio «e lo sto ancora
pagando», racconta. Lo
sbaglio è stato un
tentato furto d’auto, in
una «brutta serata del
2006». Venne arrestato e
condannato, ma a causa
di quella condanna, due
anni dopo, non gli è
stato rinnovato il
permesso di soggiorno.
Per questo oggi è un
irregolare, e un
irregolare deve
nascondersi anche
quando aiuta un uomo.
Mohammed però è
anche un «riabilitato»,
secondo una recente
decisione del Tribunale
di sorveglianza. Il
giudice ha studiato una
relazione della polizia
che racconta nei
particolari l’esistenza di
un ragazzo che lavora,
frequenta amici e
qualche familiare, paga
ogni mese l’affitto di una
casa popolare, e quindi è
«degno di
riabilitazione». «So di
aver sbagliato una volta
— spiega Mohammed
—, non lo nascondo, ma
so anche i sacrifici che
ho fatto per vivere in
Italia». L’uomo che ha
tentato il suicidio ha 55
anni. È uscito dal coma
venerdì scorso.
Donne
Il sostegno di
badanti e baby
sitter, secondo
Bankitalia, consente
alle donne di
occuparsi. In
generale, gli italiani
non fanno più tutta
una serie di lavori
gravosi
L’intervista Luca Paolazzi (Ufficio studi Confindustria)
«L’integrazione?
ma non a Prato»
ROMA — «La tendenza storica è chia-
ra ed è ben spiegata nel documento della
Banca d’Italia». Il tono della voce è di
quelli che portano ad un ma. E infatti:
«Ma la crisi, nel lungo periodo, colpirà al-
cuni settori ed alcuni territori più di altri.
In questi casi la rivalità fra stranieri ed ita-
liani potrebbe aumentare se, come possi-
bile, alcuni italiani cominceranno ad ac-
cettare lavori meno qualificati pur di ave-
re uno stipendio». Luca Paolazzi, diretto-
re dell’ufficio studi di Confindustria,
prende lo spunto dall’analisi dei colleghi
di Bankitalia per scendere nel dettaglio.
In quali zone del Paese ed in quali set-
tori produttivi potrebbe aumentare la
rivalità fra lavoratori italiani e stranie-
ri?
«Nel Mezzogiorno, dove le condizioni
generali sono più difficili, mentre per i
settori produttivi è ancora presto per fa-
re ipotesi. Ma attenzione a prendere prov-
vedimenti di cui un domani potremmo
pentirci».
Cosa intende?
«La reazione di pancia può essere au-
tarchica: chiudere le porte ai lavoratori
stranieri, punto e basta. Ma la visione di
breve periodo è sempre miope, bisogna
andare al di là del contingente».
Sta dicendo che, a suo giudizio, servo-
no più immigrati?
«La nostra popolazione invecchia, an-
che al netto della crisi abbiamo un proble-
ma di bassa crescita economica: se voglia-
mo accelerare, avremo sempre più biso-
gno di immigrati qualificati».
Ecco, qualificati. Al momento non è
così: il 44% degli immigrati, dice lo stu-
dio della Banca d’Italia, è impiegato in
occupazioni non qualificate, contro
«solo» il 15% degli italiani.
«A prima vista può essere un vantag-
gio: proprio perché non qualificata que-
sta alta percentuale di lavori stranieri fini-
sce per non sovrapporsi agli italiani. Non
è una sorpresa questa complementarie-
tà: c’è una forte spinta di lavoratori stra-
nieri che vengono da Paesi dove le condi-
zioni di vita sono pesanti. Si adattano a
fare qualsiasi cosa, coprendo i tanti posti
lasciati liberi in un Paese con il Pil da Pae-
se ricco come il nostro».
Meno concorrenza, appunto.
«Certo. Ma non dimentichiamo che in
altri Paesi si importa manodopera qualifi-
cata più che da noi. Ed è proprio questo
tipo di lavoratori che fa crescere il capita-
le umano e la produttività, innescando
quel circolo virtuoso di crescita che altri-
menti è difficile avere».
Più concorrenza vuol dire più tensio-
ni fra italiani e stranieri?
«Non è sempre così, dipende dal conte-
sto. Prendiamo il caso limite della City di
Londra, oppure quello, altrettanto limite,
delle università americane. C’è una per-
fetta integrazione fra immigrati di alta
qualità ed in tutte e due i casi la concor-
renza è virtuosa, positiva per tutti. Molto
dipende anche dalla velocità di crescita
del numero degli immigrati. E negli ulti-
mi anni in Italia l’accelerazione è stata no-
tevole. Ma in molti casi l’integrazione
funziona».
A quali esempi sta pensando?
«Al distretto delle concerie di Vicenza.
Ma anche alle zone a vocazione manifat-
turiera di Bergamo, Brescia e Treviso. So-
no terre che per anni hanno avuto una
grande fame di lavoratori, perché molti
italiani certi lavori non li volevano più fa-
re. Ecco, sono le zone dove l’immigrazio-
ne è più forte ma anche quelle dove l’inte-
grazione ha funzionato di più».
Sono anche quelle dove il peso politi-
co della Lega è più forte.
«Evidentemente integrarli era interes-
se delle comunità locali. E infatti sia le
amministrazioni locali che gli imprendi-
tori hanno sempre collaborato per dare
un’abitazione civile a questi lavoratori,
cercando di evitare quartieri ghetto».
Dove, invece, la situazione è più diffi-
Confindustria
Luca Paolazzi,
direttore
dell’ufficio studi
di viale
dell’Astronomia
cile?
«L’esempio più calzante è il distretto
tessile di Prato. Lì c’è una fortissima co-
munità cinese che, come del resto avvie-
ne nelle Chinatown di tutto il mondo,
non vuole integrarsi ma ha creato una co-
munità chiusa che si autoghettizza. Veri
problemi di ordine pubblico non ce ne so-
no ma a risentirne è l’intero sistema eco-
nomico e sociale».
In questo caso italiani e stranieri non
sono complementari.
«No, qui c’è concorrenza. Anzi, concor-
renza sleale perché le aziende cinesi ricor-
rono sempre al lavoro nero e poi sono
molto più disinvolte sulle norme contro
l’inquinamento delle acque, che in que-
sto settore sono giustamente severe e
quindi anche molto onerose per i produt-
tori. Bisogna anche dire, però, che a Pra-
to c’è anche il rischio di dare tutte le col-
pe ai cinesi».
I cinesi come capri espiatori?
«Hanno molte responsabilità ma c’è
anche altro. La crisi del settore tessile è
strutturale ed avere sul territorio una co-
munità straniera così grande non spinge
a cercare strade nuove al proprio inter-
no».
E nelle grandi città?
«Ecco, qui distretti e settori produttivi
non c’entrano. Ma credo che le situazioni
più difficili siano proprio nelle città me-
tropolitane. Penso alle baraccopoli roma-
ne ma anche alle periferie milanesi, situa-
zioni di degrado che fino a pochi anni fa
non vedevi. Non è un problema solo no-
stro, basta pensare alle banlieue parigi-
ne. Al di là della concorrenza o della com-
plementarietà fra lavoratori italiani e stra-
nieri, sono queste le aree da considerare
con maggiore attenzione».
Lorenzo Salvia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gli esempi
A Prato
c’è una
fortissima
comunità
cinese che ha
creato una
società
chiusa che si
autoghettizza
In molti
casi
l’integrazio-
ne funziona
Penso al
distretto
delle
concerie
di Vicenza
G. San.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il rapporto: sono complementari agli italiani. Gasparri (Pdl): studi non attendibili
Funziona nel Nord-Est
❜❜
❜❜
140240027.047.png 140240027.048.png 140240027.049.png 140240027.050.png 140240027.052.png 140240027.053.png 140240027.054.png 140240027.055.png 140240027.056.png 140240027.057.png 140240027.058.png 140240027.059.png 140240027.060.png 140240027.061.png 140240027.063.png
Zgłoś jeśli naruszono regulamin