Il fatto - 09.10.2009.pdf

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ilfatto
Adesso che succede? Nei palazzi romani nessuno
sa rispondere perché c’è un uomo fuori controllo
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NIA VARDALOS RICHARD DREYFUSS
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prodotto da TOM HANKS
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AL CINEMA
www.lemiegrossegrassevacanzegreche.it
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Ve n e rd ì 9 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 15
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Fini si dissocia e difende Consulta e Quirinale
INGUERRACONTROTUTTI
BERLUSCONI: IL POPOLO È CON ME
BUGIARDI
SENZA GLORIA
giorni a proposito della bocciatura del lodo
della vergogna, la più notevole riguarda la
presunta retromarcia della Corte
costituzionale, che nella sentenza del 2004 sul
lodo Maccanico-Schifani non avrebbe eccepito
nulla sull'uso di una legge ordinaria, anziché
costituzionale, per derogare all'articolo 3 della
Carta, mentre l'altroieri ha giudicato illegittimo il
lodo Alfano proprio perché fatto con legge
ordinaria. Si tratta di una bugia pietosa per salvare
la faccia non solo ad Al Fano e al suo mandante e
utilizzatore, ma anche al capo dello Stato, che quel
lodo firmò (e forse ispirò) due estati fa,
sostenendo per giunta che esso recepiva le
indicazioni precedenti della Consulta e quindi non
appariva manifestamente incostituzionale. In
realtà, nella sentenza del 13 gennaio 2004 firmata
dall’allora presidente Riccardo Chieppa e dal
redattore Francesco Amirante, si faceva più volte
riferimento all'articolo 138 della Costituzione,
quello che regolamenta le leggi costituzionali.
Prima i giudici ricordavano che il Tribunale di
Milano aveva chiesto alla Corte di annullare il lodo
Schifani anche perché “attribuisce alle persone
che ricoprono una delle menzionate alte cariche
dello Stato una prerogativa non prevista dalle
citate disposizioni della Costituzione, che
verrebbero quindi ad essere illegittimamente
modificate con legge ordinaria, in violazione
anche dell’art. 138 Cost.”. Poi aggiungevano: “Né
va omesso di considerare che il principio di
eguaglianza rientra tra i principi fondanti della
Carta costituzionale, derogabile solo dalla stessa
Costituzione o con modifiche costituzionali
adottate ai sensi dell’art. 138 Cost., come risulta
confermato dal fatto che tutte le prerogative
riguardanti cariche o funzioni costituzionali sono
regolate da fonti di tale rango”. Più avanti, la Corte
osservava che per creare un «regime differenziato»
rispetto al principio di eguaglianza fra tutti i
cittadini sancito dall'articolo 3, occorre prevedere
limiti ben precisi, che né il lodo
Maccanico-Schifani né l'Alfano contemplavano: “Il
principio di eguaglianza comporta infatti che, se
situazioni eguali esigono eguale disciplina,
situazioni diverse possono implicare differenti
normative. In tale seconda ipotesi, tuttavia, ha
decisivo rilievo il livello che l’ordinamento
attribuisce ai valori rispetto ai quali la
connotazione di diversità può venire in
considerazione. Nel caso in esame sono
fondamentali i valori rispetto ai quali il legislatore
ha ritenuto prevalente l’esigenza di protezione
della serenità dello svolgimento delle attività
connesse alle cariche in questione”. Valori
costituzionali, ai quali ovviamente non si può
derogare con legge ordinaria: “Alle origini dello
Stato di diritto sta il principio della parità di
trattamento rispetto alla giurisdizione, il cui
esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili
è regolato da precetti costituzionali”. Più chiaro di
così...Alla fine, tirando le somme, la Consulta
individuava ben quattro profili di
incostituzionalità nel merito del lodo, per cui non
riteneva di doversi occupare anche della forma,
cioè della sua veste di legge ordinaria. Ma
concludeva significativamente: “Resta assorbito
ogni altro profilo di illegittimità costituzionale”. E
assorbito non vuol dire escluso. Vuol dire,
appunto, assorbito: cioè implicito. Bastava saper
leggere la lingua italiana per scoprire che anche il
lodo Alfano sarebbe stato bocciato. E non con un
voltafaccia rispetto alla sentenza del 2004. Ma in
base alla stessa giurisprudenza di cinque anni fa.
Con buona pace dei tanti, troppi bugiardi senza
gloria che infestano le tv e i giornali. Bisognava
pensarci prima di scriverlo, il lodo. E prima di
fir marlo.
L’attaccoFinale
Dopo la bocciatura del lodo Alfano, il premier perde la
testa: insiste nell’attacco a Napolitano, minaccia vendetta
contro i giudici, insulta la Bindi. Pensa ancora di essere
superiore alla legge. Cosa ci prepara?
di Paolo Flores d’Arcais
dc
B erlusconi ha dichiarato guerra alla
pag. 2,3,4,5 z
democrazia liberale. Questo, e nul-
la di meno, rappresenta l’insieme
di ingiurie che ha vomitato, prima a
caldo e poi a freddo, contro la Corte Co-
stituzionale, cioè il supremo arbitro della
legalità repubblicana (e contro il presi-
dente Napolitano). Se Obama si permet-
tesse contro la Corte Suprema anche un
decimo delle volgarità berlusconiane,
l’impeachment scatterebbe dopo cinque
minuti, richiesto a gran voce da maggio-
ranza e opposizione e dal coro indignato
dei media. La democrazia liberale, infatti,
a differenza di quella giacobina, si basa sul
“governo limitato”, cioè su un esecutivo
che non può mai esondare i limiti della Co-
stituzione, quale che sia il consenso po-
polare di cui gode. E l’argine contro ogni
tentazione dispotica è appunto la Corte
Suprema, la Corte Costituzionale, la sua
autonomia e superiorità rispetto al gover-
no.
Per Berlusconi tutto questo è ostrogoto.
La divisione dei poteri, cioè l’autonomia
della magistratura e dell’informazione, pi-
lastri della moderna vita democratica, gli
risulta incomprensibile. Pensa davvero
che il voto o il sondaggio lo rendano pa-
drone e signore dello Stato, che infatti non
chiama Repubblica italiana ma “azienda
Italia”. E ora, di fronte ad una Corte Co-
stituzionale che non si è piegata né a lu-
singhe né a intimidazioni, ha deciso di lan-
ciare l’attacco definitivo: una legge che
metta al guinzaglio i magistrati (visto che i
media al guinzaglio li ha già).
Berlusconi è posseduto da una inconteni-
bile pulsione totalitaria. E ha deciso che è
venuto il momento di soddisfare questo
suo vizio fino in fondo, di emulare “l’ami-
co Putin”, che resta il suo modello. Ma a
differenza della Russia, asservita agli oli-
garchi, vuole l’Italia asservita ad un solo
satrapo, se stesso. Gianfranco Fini ha “p re-
so le distanze”, ma ci vuole ben altro, per
fermare un progetto dichiarato di squadri-
smo anti-istituzionale. Il Partito democra-
tico ha blaterato che “risponderà con le
primarie”. Sarebbe farsesco, se non fosse
una tragedia. Si gingillano con le figurine,
mentre il piromane mette a fuoco la casa
comune. Del resto, la forza di Berlusconi
sta tutta nell’assenza di una opposizione.
Resta il popolo. Quello vero, quello dei
cittadini, non della massa anonima, am-
maestrata e plaudente nello spurgo d’odio
contro la garanzia delle libertà di tutti, le
istituzioni liberali. Resta la società civile,
insomma, che non ha rappresentanza po-
litica e non ha canali televisivi. Ma dignità
e coraggio. Finché c’è lotta c’è speranza.
U di Furio Colombo
QUE LL’ARIA
PE SANTE
DA 25 LUGLIO
Q ualcuno ha creduto, nella
ANNOZERO x Avvertito 20 giorni prima di morire
Stato-mafia, Borsellino
seppe della trattativa
non dimenticabile sera di
mercoledì scorso, di sentire
la fresca ventata di un 25
aprile. Invece gravava, e gra-
va, sull’Italia di Berlusconi
l’aria umida e pesante di un
25 luglio.
pag. 2 z
U di Peter Gomez
IL PAPELLO
PER SALVARE
IL PREMIER
C hi gli sta vicino lo descrive co-
pag. 5 z
Te c c e pag. 6 z
Paolo Borsellino (F OTO A NSA )
CRISI x L’industria italiana perde pezzi
Mirafioriarischio
Leautocostruiteall’Est
Oggi le tute blu della
Fiom scendono in
piazza, da Milano a
Palermo, contro i
licenziamenti da
recessione
Reguitti e Caselli pag. 10-11 z
n liguria
Il sistema
di potere
Burlando
Giglioli pag. 12 z
n letteratura
IlPremioNobel
aHertaMüller
vocedegliultimi
Collo pag. 15 z
C AT T I V E R I E
«La Consulta è di sinistra,
come i magistrati, la
stampa e il Quirinale”.
Praticamente manca solo il
Pd.
( w w w. s p i n o z a . i t )
di Marco Travaglio
T ra le balle spaziali che circolano in questi
me un leone ferito e bracca-
to. Come un uomo che alterna
momenti di euforia alla depres-
sione più cupa: c’è l’ha con i ma-
gistrati, con il presidente della
Repubblica, con l’alleato Gian-
franco Fini.
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pagina 2
“I l governo durerà 5 anni, con o senza
Venerdì 9 ottobre 2009
LA GUERRA DEL LODO
“Napolitano è di parte,
lodo”. Le prime parole di Silvio
Berlusconi dopo la sentenza della
Corte Costituzionale non sono all’insegna
dell’eccesso. Lasciando Palazzo Grazioli per recarsi alla
mostra “Il potere e la grazia” a Palazzo Venezia, il
premier però non si ferma qui. “Non ho mai creduto
che approvassero il lodo. Con una Corte
Costituzionale con undici giudici di sinistra era
impossibile”. La Consulta, insomma, non è super
partes. Proprio come il Capo dello Stato: “sapete da
che parte sta”, dice ai cronisti. “Viene da una
maggioranza di centro sinistra e come i suoi due
predecessori, ha eletto giudici che rendono la Consulta
non un organo di garanzia ma un organo politico”. La
mostra sui Santi Patroni d’Europa fornisce nuova
ispirazione: “l’esposizione è bella - dice il premier - ma
manca il ritratto di San Silvio da Arcore, che fa sì che
l'Italia non sia in mano alla sinistra”. Per fortuna, dice, “il
70% degli italiani è con me”. Contro le toghe rosse e “il
72% della stampa” che lo avversa. Intanto il Presidente
della Repubblica ha dichiarato di stare da una parte
sola: quella della Costituzione. “Quel che ha detto
Napolitano - risponde Berlusconi - non mi interessa”.
e non mi interessa quel
che dice”: gli insulti / 1
IL25LUGLIODELPREMIER
non dimenticabile sera di
mercoledì scorso, di senti-
re la fresca ventata di un 25
aprile. Invece gravava, e grava,
sull’Italia di Berlusconi l’aria
umida e pesante di un 25 luglio.
Vuol dire un potere colpito e
stordito, parole a vuoto, minac-
ce cupe, patriottismo fervido
dei devoti, trattative e piani se-
greti, non si sa di chi, con chi,
contro chi. E la terribile frase ba-
dogliana “la guerra continua”,
l’unica frase netta, assurda e ve-
ra. La parola “guer ra” è infatti ri-
suonata varie volte dopo l’an-
nuncio della Corte Costituzio-
nale: “Il lodo Alfano (ovvero
l’esenzione di Silvio Berlusconi
dai molti processi che lo riguar-
dano come imputato) ha cessa-
to di esistere”. Come in ogni
paese democratico, il Primo mi-
nistro ha d’ora in poi gli stessi
diritti e gli stessi doveri di tutti
gli altri cittadini. La parola
“guer ra” è stata pronunciata dal
capo della Lega Nord Umberto
Bossi, insieme alla parola “po-
polo”, che sarebbe pronto a
combattere.
col Duce - Berlusconi. Il segre-
taria del Pd Franceschini insiste
nel fare il segretario del Pd riu-
nendo protagonisti delle prima-
rie. Invece di dare spettacolo,
resta al lavoro. Serve ma non ser-
ve perché la sequenza è troppo
drammatica. La Corte Costitu-
zionale da un colpo al capo del
Governo. Immediatamente il
capo del Governo da un colpo al
capo dello Stato. Intanto intor-
no a lui si parla apertamente di
popolo in piazza che in questo
caso vuol dire rivolta. Si parla di
guerra leghista. Anche in un
paese in cui televisioni e grandi
giornali ci mettono un minuto a
rimangiarsi tutto e a far finta che
non sia successo niente, come
può Berlusconi fare il solito pas-
so indietro della smentita con-
veniente (“L’ho detto ma non ho
detto”)? Se questo è il 25 luglio
di Berlusconi, l’evento leggen-
dario del Gran Sasso (l’esilio del
Duce dopo il voto ostile del
Gran Consiglio del fascismo) av-
viene a Porta a Porta nella notte
più imbarazzante per Berlusco-
ni dal 1994. Il ruolo del capitano
Skorzeny che libera Mussolini,
tocca (vedi il destino) a Bruno
Vespa. Coraggiosamente Vespa,
pur sapendo di incorrere nelle
stesse persecuzioni che subisce
Santoro, colpevole di lasciar
parlare Travaglio da solo (pre-
sente Ghedini, ma è solo un av-
vocato-deputato del premier),
Vespa, dunque, manda in onda
una libera dichiarazione dell’in-
domito Primo ministro che svol-
ge tre concetti istituzionali. Il
primo è che il presidente della
Repubblica “È uno di loro” (vuol
dire comunista). Il secondo è
che “Gli italiani impareranno di
che pasta sono fatto” (dichiara-
zione più adatta al Generale Kes-
serling che al capo di un gover-
no che parla al suo paese). Il ter-
zo è che la onorevole Bindi, a
suo giudizio, è brutta (testual-
avrebbe segnato la fine di qua-
lunque uomo politico. Il primo
ministro adesso è più debole di
quanto sia mai stato (il Nyt cita la
frase di Stefano Folli, ndr ). Gli
analisti sono concordi nel pre-
vedere un periodo molto diffi-
cile “. Dopo il 25 luglio infatti
c’è l’8 settembre. E poi la spac-
catura dell’Italia.
Può darsi che la triste analogia
sia azzardata. Certo nel dichia-
rare guerra aperta del Primo mi-
nistro contro il presidente della
Repubblica, si creano condizio-
ni di turbolenza istituzionale
del cui esito è difficile dire. Cer-
to, se la parola “guerra” e “po-
polo in piazza” vengono pro-
nunciate non in un raduno le-
ghista, ma a Roma, accanto al
Primo ministro che ha denun-
ciato la incurabile natura parti-
giano e comunista del presiden-
te della Repubblica e della Cor-
te Costituzionale, e vengono
dette “a pugno chiuso” (come
titola Il Giornale ) dal leader del
partito Lega Nord, che ha in do-
tazione il ministero dell’Inter-
no, vi sono motivate ragioni di
ansia. Quanto a spaccare l’Ita-
lia, questo è sicuramente l’uni-
co frutto del governo Berlusco-
ni, mentre salgono il debito e la
disoccupazione e precipita il
Pil. C’è un partito del Nord e un
partito del Sud che, paradossal-
mente, fanno tutti e due capo a
Berlusconi e gli chiedo con pe-
rentoria provocazione ciò che
lui non può dare. Dunque non
può governare (gli si sta dissol-
vendo il lavoro della Camera e
del Senato) e non può andare al-
le elezioni perché sciogliere le
Camere, persino nel clima di
conflitto che ha creato, non di-
pende da lui ma dal vilipeso ca-
po dello Stato. Il New York Times
riporta questa frase di Berlusco-
ni: “Con le leggi o senza le leggi
io vado avanti”. Riassume bene
il pericolo.
Silvio Berlusconi (F OTO E MBLEMA )
Il Parlamento non riesce
a lavorare, i due schieramenti
sono divisi al loro interno
mente “più bella che intelligen-
te” per dire, “brutta stupida”).
Ora accade che, sia la frase sia
l’insieme del breve discorso
“Del Gran Sasso” berlusconia-
no, ricordano l’accorata ammo-
nimento della sua ex moglie
“Trattatelo, se gli siete amici, co-
me qualcuno che non sta bene”.
È anche vero che, come è pro-
vato dal pugno di Bossi, dall’in-
vocazione alla guerra, dalle di-
chiarazioni di Gasparri, di Bo-
naiuti, di Schifani, gli amici, or-
mai, come per l’uomo del Gran
Sasso, sono rimasti ben pochi. O
si defilano (come dimostra l’im-
pressionante silenzio alla Came-
ra dove i suoi deputati mancano
a decine persino se si votano mi-
è male illuminato dai media
e suggerisce pericolo. Le istitu-
zioni sono ferme, il Parlamento
non può lavorare, i due schiera-
menti della politica organizzata
(entrambi) sono incerti e divisi,
ciascuno paralizzato da lavori in
corso, l’uno del congresso (il
Pd), l’altro perché si stanno scol-
lando i pezzi assemblati troppo
in fretta dal leader del predelli-
no. Serve ma non serve la deci-
sione con cui Fini, presidente
della Camera, insiste, freddo,
nello svolgere il suo compito di
credibile istituzione. Infatti uno
dei due capi della destra alla Ca-
mera, Bocchino, non si schiera
sure poco controverse come
l’istituzione del garante dell’in-
fanzia) o gridano tutti insieme,
in bilico tra farsa e tragedia, spin-
gendo il loro capo in una guerra
che non può vincere neppure
con milioni di baionette.
cella il lodo Alfano, basta legge-
re (ripreso dallo Herald Tribune
del 8 ottobre) ciò che ha pub-
blicato il New York Times . Aper-
tura in prima pagina con titolo
vistoso e foto: “ La Suprema Cor-
te italiana sferra un colpo a Ber-
lusconi”, testo: “La maggior par-
te degli italiani ha perso il filo
delle numerose avventure giu-
diziarie di Berlusconi e dello
sue bizantine difese, un carico
di eventi che, fuori dall’Italia
l’opinione pubblica interna-
zionale della decisione di di-
chiarare “verdetto politico co-
munista” la sentenza che can-
BOCCIATURE di Francesco Bonazzi
MI DIMETTO
ANZI NO
IL VUOTO DEL GIORNO DOPO
“NESSUNA MANIFESTAZIONE”: IL PDL RINUNCIA
di Wanda Marra
fondamentale riferimento democra-
tico per i cittadini", secondo quanto
afferma il portavoce del Pdl, Capez-
zone. Ma l’impressione è che il Pre-
mier sia sempre più solo, accerchiato
anche all’interno dalla sua stessa
maggioranza. Il voto anticipato sem-
bra al momento fuori questione, vi-
sto lo stop congiunto arrivato dalla
Lega e di An. È allora destinato a ca-
dere nel vuoto l’appello di Liber o che
ieri titolava “Silvio reagisci: Facci vo-
tare”. Il voto, d’altra parte, potrebbe
forse servire solo al Cavaliere, ma, tra
l’altro, in questo momento, lo scio-
glimento delle Camere e la salita al
Colle, potrebbero contenere anche
qualche rischio. Certo è che non è
decisione che il Premier può pren-
dere senza tenere conto dei pareri
della sua maggioranza. Se non la stra-
tegia, forse quella che potrebbe es-
sere la strada praticabile con più sod-
disfazione dal Presidente del Consi-
glio la indica Giorgio Stracquadanio,
fedelissimo del Cavaliere: “La mag-
gioranza in Parlamento ce l’abbiamo.
E il consenso popolare pure. Quindi
non ci servono le elezioni. Piuttosto
sarebbe il caso di riscrivere la Co-
stituzione, che non garantisce più
l’equilibrio dei poteri”.
E a sera dall’ufficio di Presidenza del
Pdl, che era stato convocato prima
della bocciatura del Lofo Alfano, esce
una linea “minimalista”. È lo stesso
Berlusconi, accolto da un applauso
pacato, a illustrare le cose fatte dal
governo e ad affermare che non c’è
l’esigenza di manifestazioni di piazza
a suo sostegno, almeno per il mo-
mento. Mentre ribadisce che il pre-
sidente del Consiglio "è eletto dal po-
polo" e, perciò "deve essere rispet-
tato". E la riunione non affronta nean-
che l’argomento di elezioni anticipa-
te, ma si cominciano ad organizzare
le prossime regionali.
nuare la tournèe istituzionale in giro
per l’Europa. E invece niente, quando s’è ca-
pito che la Corte stava facendo a pezzi la leg-
gina che porta il suo nome, il Guardasigilli è
stato richiamato a Roma. C’era da placare il Ca-
valiere e da abbozzare una strategia. Alfano ha
preso il primo volo e ha proposto quello che
non ebbe la forza di ottenere un anno fa: ri-
presentare la sostanza del Lodo nella veste del-
la legge costituzionale. Berlusconi, Letta, il
ministro-ombra Ghedini e gli altri consi-
glieri scelti di Palazzo Grazioli hanno pre-
so nota e lo hanno spedito a Porta a Porta.
Angelino ha obbedito, scuro in volto. Solo
una settimana confidava che in caso di
bocciatura si sarebbe dimesso. Poi, da bra-
vo figlio di politico Dc, ci ha ripensato.
per tutta la giornata di ieri sembra
la rappresentazione più precisa di
come il Pdl vive il giorno dopo la
bocciatura del Lodo Alfano. Tra gli
uomini vicini al Presidente regna lo
sconcerto, l’assenza di una chiara
strategia, se non addirittura il disin-
teresse. Tanto che in serata dopo la
riunione dell’Ufficio di Presidenza
del Pdl, dal quale ci si aspettava uscis-
se una linea da seguire, scompare an-
che l’idea di una manifestazione di
piazza. Presenti anche gli uomini di
An, evidentemente non è possibile
mettere tutti d’accordo.
Le dichiarazioni ufficiali ribadiscono
che “Berlusconi è lucido, freddo e
determinato” e che “governerà per 5
anni”, come dichiara il Sottosegreta-
rio alla Presidenza del Consiglio, Pao-
lo Bonaiuti. Oppure che "è oggi un
Minacce cupe, parole vuote, chiamate
alla “guerra”. Ma il Cavaliere è sempre più solo
di Furio Colombo
Q ualcuno ha creduto, nella
M a vediamo il paesaggio, che
P er sapere che cosa pensa
S e ne stava a Parigi e sperava di conti-
I l deserto che regna a Montecitorio
163567783.018.png 163567783.019.png 163567783.020.png 163567783.021.png
Venerdì 9 ottobre 2009
L’ isteria cresce a ‘Porta a porta’, quando
pagina 3
LA GUERRA DEL LODO
Insulti / 2: “Le impronte
il premier telefona in diretta a Bruno
Vespa. Per prima cosa Berlusconi
ribadisce alcuni concetti: “abbiamo una stampa di
sinistra, una Rai che, a parte lei signor Vespa, va
contro il Governo”. E sul Napolitano: “ho detto
quello che penso. Le mie dichiarazioni potrebbero
essere anche più esplicite e dirette”. L’apice si
raggiunge con Rosy Bindi, ospite del programma,
che sta parlando animatamente con il leghista
Castelli. Dalla cornetta si sente: “lei è una zitella
petulante”. Parola dei premier. La Bindi è basita. E
Berlusconi rincara la dose: “sento parlare la signora
Bindi... ed è sempre più bella che intelligente”.
L’eccesso è sdoganato, anche sul piano dell’offesa
personale. Ma c’è una chiosa finale. Berlusconi dice
poi di essere coinvolto in “processi farsa”. E che si
difenderà “non solo in tribunale, ma anche in tv”. Lo
fa subito. Non da Vespa, ma a ‘Matrix’. Dove il
premier mette in dubbio la sentenza del processo
per il Lodo Mondadori. Che secondo Berlusconi
porta le “impronte digitali” della Cir. Il premier,
senza farne il nome, aggiunge che il giudice Mesiano
che l’ha emessa è un esponente dell’estrema sinistra.
digitali della Cir sulla
sentenza Mondadori”
L’ultimostrappo,indifesadelColle
Campi: “Berlusconi rischia la sindrome del bunker”
LABATTAGLIADIFINI
Par lamento
Eur opeo:
in Italia
liber tà
di stampa
a rischio
franco Fini, ti pare quasi
una sfinge. La risposta al
suo enigma, nel giorno del-
lo strappo, su quel volto non la
trovi. Ma una cosa è certa: l’ex
leader di An non molla, e - an-
cora una volta - marca clamoro-
samente la sua distanza da Silvio
Berlusconi. Un aiuto a capire lo
può dare una battuta che pur-
troppo deve restare anonima,
ma rende benissimo l’idea:
“L’ultimo strappo? E’ una defi-
nizione sbagliata perchè se Ber-
lusconi continua su questa li-
nea... Presto ce ne sarà un al-
tro”. A parlare è uno degli uo-
mini più vicini al presidente del-
la Camera, che in queste ore
continuano la loro battaglia cor-
sara a favore dell’ex leader di
An, cannoneggiando le coraz-
zate del consenso berlusconia-
no dalle due fortezze corsare
che lo sostengono: la fondazio-
ne Fare Futuro e il Secolo d’Ita-
lia.
Se provi a scrutare il volto di
Gianfranco Fini, mentre attra-
versa i saloni del Quirinale ve-
rifichi ancora una volta che non
rivela emozioni. Ma il suo ulti-
mo strappo (anche se solo in
senso cronologico) Gianfranco
Fini lo ha fatto di mattina. Poche
laconiche parole sul conflitto
istituzionale del dopo sentenza
sul lodo Alfano. Parole che, per
quanto equilibrate, hanno for-
nito un messaggio chiaro: anco-
ra una volta Fini sta con il Colle.
Dice il presidente della Camera:
“Riaffermo il sostegno a Berlu-
sconi ma la Consulta e Napoli-
tano vanno rispettati". Non è un
caso che Renato Schifani si sia
ben guardato da fare altrettan-
to. Eppure nel pomeriggio an-
che lui è dovuto andare al Qui-
rinale per un incontro riparato-
re, nela speranza di chiarire la
che minoritario! Parlo con cen-
tinaia di persone di destra che
sono con noi e condividono le
idee di Gianfranco contro la...
dittatura del presente”.
I ragazzi di via della Scrofa. Se
bussi alla porta di via della Scro-
fa e fai visita ai ragazzi de Il Se-
colo d’Italia la musica non cam-
bia. Flavia Perina, la coriacea di-
rettrice del giornale, non ha
dubbi: “Il comunicato di Fini
era atto dovuto. Noi domani gli
dedichiamo l’editor iale”. A scri-
verlo è Enzo Raisi, deputato di
Bologna, grande esperto di stra-
gi, e soprattutto grande polemi-
sta: “Non c’è dubbio. Difendere
Napolitano era giusto. Fini
esprime un profilo istituzionale
di cui la destra non può fare a
meno. E senza una forte sinto-
nia istituzionale le riforme di
cui questo paese ha bisogno
non si possono fare, dunque..”.
Se vuoi capire ancora meglio
l’antifona, non devi scrutare ne-
gli occhi celesti di Fini, ma par-
lare con Luciano Lanna, condi-
rettore del quotidiano di An,
una delle menti più affilate della
galassia finiana. Già chiamando-
lo al telefonino ti stupisce: “Sto
andando ad un convegno su
Che Guevara...”. Lanna (insie-
me a Rossi) è l’autore di Fa s c i s t i
immaginar i, il manifesto della de-
stra postmissina. E ti dice: “Il
problema è semplice. Nella de-
stra italiana ci sono oggi due ani-
me. Una di profilo istituzionale,
europeo, matura equilibrata ra-
dicata nella storia italiana...”
(parla di Fini, ndr.). “L’altra (e
parla di Berlusconi, ndr.) legata
alla contrapposizione frontale,
e alla transizione italiana, radi-
cata nell’emergenza. Ne lungo
periodo non può che prevalere
chi ha un disegno strategico”.
Se vuoi capire dove va Fini nel
day after lodo non devi guardar-
lo negli occhi. Ma sentire cosa
dicono i suoi corsari.
formazione è un diritto
fondamentale ma l'Ita-
lia è a rischio. Lo ha ri-
badito ieri l'Europarlamen-
to. Proteste dai banchi del
Pdl, sconfitti ai voti in un
tentato blitz per togliere il
punto dall'ordine del gior-
no. Poi i consueti attacchi al-
la presunta “anti-italianità”
dell'opposizione, dei magi-
strati e della stampa, esiben-
do inoltre una copia de Il Fat-
to Quotidiano , giudicato il
“giornale di riferimento di
Di Pietro”. Infine, il capo-
gruppo Mauro a ricordare al
leader socialista Schulz il
“kapò” gridatogli 6 anni fa
dal Premier. Larga parte del-
l'assemblea ribadisce però
lo sdegno per il conflitto di
interessi e le crescenti inti-
midazioni di Berlusconi ai
media, al punto da ipotizza-
re la sospensione dell'Italia
dal Consiglio Europeo. Dai
deputati anche la proposta
di una direttiva a tutela del
pluralismo dell'informazio-
ne, ma la Commissaria Re-
ding ribadisce: non è di mia
competenza. Però, il 21 ot-
tobre sarà votata la richiesta
formale di un intervento
vincolante europeo.
CONFLITTO Il duello tra Fini e Berlusconi visto da Manolo Fuchecchi. In basso, Rosi Bindi (F OTO A NSA )
crisi. L’unica cosa certa, dun-
que, è che - malgrado tutti i re-
troscenisti abbiano speso fiumi
di inchiostro per sostenere che
ormai si era celebrata la pace -
Fini non si sogna nemmeno di
abbandonare il suo profilo “re-
p u bbl i c a n o ” e continua la bat-
taglia di lungo periodo con Ber-
lusconi nel partito e nelle isti-
tuzioni.
Campi: “Alla luce del sole”.
Racconta Alessandro Campi,
forse l’intellettuale più vicino al
leader: “Vedo che nei blog dei
tifosi del Cavaliere si cerca di fa-
re il processo a Fini. In realtà è
Berlusconi che con l’attacco a
Napolitano ha commesso un
doppio errore . Non solo un er-
rore di galateo, ma anche un
grande errore politico: quello
di considerare il presidente del-
la repubblica come un cospira-
tore. Mentre invece Napolitano
Per capire dove va l’anti-leader
del Pdl bisogna ascoltare i suoi.
Rossi: “In molti, a destra, sono
contro la dittatura del presente”
si è comportato con grande cor-
rettezza, al punto da essere bac-
chettato anche lui dalla Corte”.
E la presunta “i n fe d e l t à ” di Fini
lamentata da tanti Berluscones?
Campi sorride: “Ma quale infe-
deltà? Quella di Gianfranco è
una partita alla luce del sole: lui
si batte per la leadership, per un
altro modello politico e cultura-
le: però nel futuro. Non è certo
il tipo che cospira nell’ombra”.
Nessun errore, dunque: “Nes-
suno. Temo, e l’ho anche scritto
- conclude Campi - che gli errori
li stiano facendo quelli che, co-
me Berlusconi, sembrano pre-
da della sindrome del Bunker.
Quella per cui tutti quelli che
hai intorno sono nemici”.
“Non siamo minoritari”. Fi -
lippo Rossi, un altro dei demiur-
ghi di Fare Futuro ha scritto un
editoriale sul caso, per il sito del
blog: “Io, in tutte queste occa-
sioni, a partire dal caso Englaro,
ricevo centinaia di mail di gente
che è con noi. Basta con questa
rappresentazione mediatica se-
condo cui il Pdl sarebbe un mo-
nolite in cui Fini è a malapena
tollerato. Io mi sento tutt’altro
L’I N T E RV I S TA
BINDI: GLI INSULTI DEL PREMIER? PER LUI LE DONNE SONO CASH
mento”. Già. Loro con le
donne ci sanno fare. “Lei
è più bella che intelligen-
te” (Silvio Berlusconi). “Sei una zi-
tella petulante” (Roberto Castelli).
Assortimento di insulti in una so-
lita serata di “Porta a Porta”. E lei,
Rosy Bindi, si sveglia più donna e
brillante che mai: “Sono felice per-
ché mi sono difesa con orgoglio e
sono preoccupata per gli italiani:
prima si corrompeva con il dena-
ro, adesso si utilizzano le belle fan-
ciulle. È inaccettabile”.
Nessuna rettifica, nessun “mi avete
frainteso” e neppure un mazzo di
fiori. Anzi, per scusare il presiden-
te del Consiglio, il sottosegretario
Paolo Bonaiuti ha combinato un al-
tro pasticcio. Una gaffe degna del
capo: “Questi sono momenti di
estrema concitazione, sono cose
che possono succedere”. Il Pd si
ricompone per esprimere solida-
rietà alla Bindi. Le donne sono le
più sensibili e le più leste a dettare
alle agenzie: Barbara Pollastrini,
Marina Sereni, Anna Finocchiaro.
Giovanna Melandri prova con l’iro-
nia: “Il presidente è più alto che
educato”. Anche gli uomini sono
compatti, vicini e affettuosi con la
Rosy sfregiata. Il capogruppo An-
tonello Soro chiosa per i colleghi:
“Rozzo e incivile”. Finalmente, ec-
co il Pd che insorge.
Bindi, ma lei è offesa o no?
“Ringrazio chi ha speso una parola
per me e chi voleva e ha replicato
l’errore (Bonaiuti? Ndr). Ma cosa
potevamo aspettarci da Berlusco-
ni? Non mi scalfisce, non può. Non
sono una delle donne a sua dispo-
sizione, e dunque mi sono ribellata
per arginarlo”.
Non è in vendita.
“Mai. Il messaggio fa paura, l’idea
che entra nelle case e nella testa
degli italiani. Le donne non sono
oggetti, anche se vogliono usarle al
pari del denaro: il mezzo per un
fine vergognoso. Che esempio ci
mostra il presidente del Consiglio,
colui che ha più poteri e visibilità
degli altri?”.
Dal video lei sembra quanto-
meno sorpresa.
“Potevo immaginare la tensione di
Berlusconi, aveva passato una
brutta giornata... Certo, e questo
sia chiaro, ha superato ogni limite
di decenza. Donne, reagite!”.
Il premier era nervoso, il tele-
fono bollente, l’eloquio fluente:
“Non sapevamo dell’intervento. Il
fatto curioso è questo: stavamo re-
gistrando, eravamo in differita di
poche ore. Qualcuno dallo studio
l’avrà avvertito”.
Gli avranno consigliato: “Presi-
dente, qui c’è la Bindi che resi-
ste”.
“Una volta al Quirinale, il giorno
seguente un’altra trasmissione,
Berlusconi mi disse che voleva
chiamare perché i suoi non si sta-
vano comportando bene, non neu-
tralizzavano le mie accuse”.
Nel salotto di Bruno Vespa
c’erano alti ufficiali di governo e
Pdl...
“Erano in difficoltà. Davanti alla ve-
rità sono tutti in difficoltà. Se poi
agli spettatori arriva l’unica versio-
ne del premier diventa difficile ca-
pire chi sta nel giusto e chi sbaglia.
Non è servizio pubblico”.
Cosa ha imparato dall’ultima
violenza verbale del premier?
“Che non possiamo permetterci
che Berlusconi sproloqui contro il
presidente della Repubblica e la
Corte Costituzionale e senza con-
tradditorio, senza moderatori”.
E Vespa cosa faceva, moderava,
contraddiceva?
“Beh, ripeteva spesso “si rende
conto”. Era fermo”.
E prudente.
“Non ha sbagliato. Ma abbiamo bi-
sogno di tanti giornalisti imparzia-
li”.
Siamo al pensiero unico.
“Unico e sbagliato. Pensiamo alle
donne adesso, coraggio!”.
“Più bella che
intelligente”
le ha detto ieri
Berlusconi da
Vespa: Pd in rivolta
di Luca Telese
S e lo guardi in viso, Gian-
di Alessandro Cisilin
I n Europa la libertà di in-
di Carlo Tecce
“C i considerano uno stru-
163567783.022.png 163567783.023.png 163567783.024.png 163567783.025.png 163567783.026.png 163567783.027.png 163567783.028.png
pagina 4
A vvitamento istituzionale:
Venerdì 9 ottobre 2009
LA GUERRA DEL LODO
L’ALLARME
l’Avvenire lancia l’allarme sulla
crisi istituzionale aperta
dell’ennesimo attacco del premier al
Quirinale. Tutti si arrestino “sull'orlo del
precipizio” l’appello del giornale dei
vescovi, che attacca anche Di Pietro:
“Impressiona in particolare” il tono “da
regolamento dei conti personali”' con il
quale il leader di Italia dei valori, Antonio
Di Pitero abbina ''all'esultanza per la
sentenza una nuova pesante critica alla
scelta del presidente della Repubblica di
firmare a suo tempo la legge ora annullata.
Ancora una volta pretendendo di
assoggettare un ruolo di garanzia alle
proprie convinzioni personali”.
Secondo il giornale della Cei, le tensioni
accumulate in questi giorni rappresentano
“i frutti maligni di un 'bipolarismo dei veleni'
troppo a lungo coltivato, nell'illusione di
semplificare a ogni costo un panorama
nazionale che riesce ancora a resistere alle
forzature”.
DI “AV V E N I R E ”: SIAMO
SUL PRECIPIZIO
NAPOLITANO PREPARA L’ARGINE
IL FATTO POLITICO
dc
Incubo
nell’urna
di Stefano Feltri
Dopo gli attacchi del premier il Quirinale ottiene
il sostegno dei presidenti delle Camere
normali, fuori dai palazzi
romani, si chiedono una
cosa: dopo la bocciatura del
lodo Alfano ci saranno
elezioni anticipate? Tutto
può succedere, ma per ora
sembrano pochi i soggetti
con gli incentivi a
chiederle. Partiamo
dall’opposizione: il Pd è
perso nelle sabbie mobili
congressuali che gli
impediscono di immaginare
qualsiasi strategia futura.
Chiunque vinca non sarà in
grado di consolidare una
leadership in pochi mesi e
poi andare alle urne. E poi
con quali alleati? Un nuovo
Ulivo allargato alla sinistra
radicale, un’intesa con
l’Udc o di nuovo la
vocazione maggioritaria e
quindi perdente di Walter
Veltroni? Pierferdinando
Casini, leader dell’Udc, è il
naturale primo ministro di
un governo transitorio
sostenuto da una
maggioranza trasversale
(che per ora non esiste) o il
candidato a palazzo Chigi di
un Pd allargato al centro. Una
specie di nuovo Prodi, si
parva licet. Ma andare ora alle
elezioni rischia di far saltare i
suoi progetti di medio
termine. Solo Antonio Di
Pietro ha una ragione valida
per correre alle urne:
capitalizzare la tensione
estrema del momento e
consolidare il suo 8%
(incassato alle europee) e
magari salire oltre il 10, non
certo per puntare al governo.
za al Quirinale per la
seconda e la terza ca-
rica dello Stato. Come
accade in periodi di emer-
genza. E per scaramanzia
non si vorrebbe aggiungere:
emergenza democratica. Fi-
ni e Schifani dopo un’ora di
colloquio cercano di placa-
re l’ira del presidente dan-
dogli atto per iscritto del
suo “rigoroso rispetto delle
prerogative” costituzionali.
Ma Napolitano non solo è
stato accusato da Berlusco-
ni di essere uomo di parte.
Anche di aver offerto “ga-
ranzie” per un verdetto del-
la Corte costituzionale favo-
revole “vista la sua notoria
influenza sui giudici”, con
conseguente “presa in gi-
ro”. La nota congiunta finale
soddisfa per l’80 per cento il
presidente, perché Fini e
Schifani hanno messo nero
su bianco il loro apprezza-
mento per la sua condotta.
Anche se si deve a una ri-
chiesta di Schifani un accen-
no equilibrista alla “volon-
tà” degli elettori di cui tener
conto nel quadro del comu-
ne “auspicio che tutti gli or-
ganismi istituzionali e di ga-
ranzia agiscano, in aderenza
al dettato costituzionale” e,
appunto, “alla volontà del
corpo elettorale, per deter-
minare un clima di leale e
reciproca collaborazione”.
Insomma, non sembra finita
qui.
'fifty - fifty'''.
Non ha tutti i torti, o quanto
meno il presidente è appar-
so spiazzato. Perché – senza
rincorrere diatribe giuridi-
che – oltre agli strattona-
menti del premier, Napoli-
tano si è trovato tutt’a un
tratto a dover fare i conti
con un mezzo schiaffo che
gli viene da un versante che
non si sarebbe aspettato. La
bocciatura del lodo Alfano
contiene, infatti, non si sa se
una correzione oppure uno
sviluppo della giurispruden-
za precedente, relativa al lo-
do Schifani. Ma era proprio
la giurisprudenza all’epoca
disponibile che Napolitano
aveva interpretato il 23 lu-
glio 2008 come un disco
verde alla promulgazione,
non essendosi i giudici della
Consulta riferiti in quell’oc-
casione alla necessità di ri-
correre a una legge costitu-
zionale. Anche per questo
motivo, Napolitano sente il
bisogno di parole
chiare e nette.
L’elenco dei soli-
dali non basta, bi-
sogna valutare an-
che le virgole, (as-
sordante era stato
il primo no com-
ment di Schifani;
forse scontato, ma
gradito, il soste-
gno di Fini; troppo
flebile e confuso
l’appoggio del
centrosinistra). È
già accaduto a tutti
e due gli ultimi
predecessori. Nel
1994, attorno al
secondo anno di
mandato, succes-
se a Scalfaro; nel
2003 all’incirca al
quarto anno capi-
tò a Ciampi. Ogni
volta è accaduto
che di fronte alle pretese di
Berlusconi (elezioni antici-
pate dopo l’uscita della Lega
per Scalfaro, con accuse
berlusconiane di “presa in
giro” dopo un incontro sul
Colle; legge Gasparri per
Ciampi) i presidenti abbia-
no dovuto accantonare
quella che nella stagione di
Ciampi fu battezzata con il
termine “moral suasion”.
leganza, è Roberto Cal-
deroli, forse a cogliere il sen-
so del “day after” più nero di
questa presidenza. Dice, il
ministro leghista, quasi a vo-
ler prendere un po’ le parti
del Colle: ''Se vedo una per-
sona presa in giro, devo dire
che è il presidente della Re-
pubblica, anzi diciamo che è
Il Capo dello
Stato:
“Rigoroso
ripetto della
Carta”. Ma la
Consulta lo ha
spiazzato
IL PD INVECE SI COMPATTA
ATTACCHI AL COLLE
L’IDV PERDE I PRIMI PEZZI
L a stessa strada sinora era
stata percorsa anche
dall’attuale inquilino del
Colle, persino abbandonan-
do il modello di riservatezza
della diplomazia quirinalizia
che aveva segnato la stagio-
ne di Ciampi (e del segre-
tario generale Gaetano Gifu-
ni), senza esitare, invece, a
far sapere in giro che quella
tale legge o quel tal decreto
venivano modificati per ef-
fetto delle pressioni del Col-
le. Solo qualche giorno fa la
contestata promulgazione
dello scudo fiscale fu giusti-
ficata proprio con le presun-
te migliorie ottenute. Il pre-
sidente è giunto alla vigilia
del giro di boa di metà set-
tennato, e siamo quindi sup-
pergiù nella media dell’im-
plosione ricorrente della
coabitazione dei massimi
custodi delle regole costitu-
zionali con Berlusconi. For-
se perché è proprio vero
che il Quirinale è il luogo
d’incontro tra “il senso dello
Stato e la crisi dello Stato”,
come scrisse Alberto Caval-
lari. E la moral suasion non
solo non è scritta in Costi-
tuzione, ma forse quell’ag-
gettivo “morale” mal si ac-
coppia al Cavaliere. Soprat-
tutto quando gli prende, co-
me in queste ore, l’incubo
del disarcionamento.
di Caterina Perniconi
D opo i festeggiamenti della prima ora
posta da Massimo D’Alema, che ha più volte
richiamato i presenti alla necessità di una
riflessione sugli scenari interni alla maggio-
ranza che per il momento sembra compatta.
Leggendo quest’analisi il primo pensiero va
alla paura di elezioni anticipate che costrin-
gerebbero il Pd a disegnare un’alleanza in
un momento in cui l’accordo con l’Udc non
è ancora maturo e il legame con Di Pietro è
osteggiato da molti, D’Alema in primis. Ma il
segretario Dario Franceschini non vuole ap-
parire timoroso: “Le minacce di elezioni –
ha dichiarato – sono state usate da Bossi e
Berlusconi per condizionare le scelte della
Corte e adesso vogliono continuare fino al
termine della legislatura. Comunque, se do-
vessero ripensarci, sappiano che il Pd sareb-
be pronto, in qual-
siasi momento, ad
affrontare il voto
degli italiani”. Gli
ha fatto sponda
Anna Finocchia-
ro: “Noi crediamo
che il presidente
Berlusconi si do-
vrebbe dimettere
ogni giorno, ma
non per la senten-
za della Corte,
bensì per il modo
in cui sta affron-
tando la crisi e i
gravi problemi
del Paese”.
Dello stesso avvi-
so il leader
dell’Udc Casini,
che ritiene più ur-
genti i problemi
del Paese rispetto
a quelli di Berlu-
sconi.
Berlusconi ha la forte
tentazione di dimostrare che
il voto batte le sentenze, ma
non avrà il 51% da solo,
quindi rischia di ritrovarsi tra
un anno circa con gli stessi
alleati ed equilibri di oggi,
perdendo però tempo
prezioso (per lui, che dal
governo può ostacolare
meglio i suoi processi, oltre
che per il Paese). Gianfranco
Fini si sta ritagliando il ruolo
di rappresentante di una
destra istituzionale e pacata
che - con Berlusconi
politicamente vivo - molti
scommettono si dimostrerà
inesistente nell’urna. Anche
per lui è meglio aspettare e
rafforzarsi mentre il Cavaliere
si logora. La Lega nord - ha
detto Bossi - è pronta al voto.
Ma ha altre priorità: i leghisti
hanno cambiato obiettivo,
non più condizionare il
governo centrale, ma
conquistare almeno una delle
tre regioni in cui da vent’anni
sono quasi egemoni. Per loro
il voto decisivo è quello delle
regionali in Veneto e forse in
Piemonte. Ultima cosa:
Berlusconi dovrebbe
chiedere alla propria
maggioranza di sfiduciarlo e
avere il capo dello Stato
collaborativo che non gli
metta tra i piedi un “gover no
del presidente”. Due
condizioni, soprattutto
l’ultima, al momento difficili.
per la bocciatura del Lodo Alfano,
nell’opposizione torna il malumore.
L’Italia dei Valori fa i conti con le pri-
me dimissioni di chi non condivide gli at-
tacchi di Antonio Di Pietro al presidente del-
la Repubblica Giorgio Napolitano: il respon-
sabile Giustizia, Vincenzo Lo Re, ha lasciato
il partito in totale dissenso con le accuse in-
dirizzate al Colle. “Attaccare ed offendere il
Capo dello Stato nella convinzione di gua-
dagnare un pugno di voti – ha spiegato Lo Re
– dimostra mancanza di responsabilità e di-
scutibile conoscenza della Costituzione”.
Nel mirino anche l’offensiva sullo scudo fi-
scale, in occasione della quale Massimo Do-
nadi, capogruppo Idv alla Camera, aveva so-
lidarizzato con Napolitano ribadendo in
una nota “fiducia e stima nei suoi confron-
ti”. Intanto ieri Felice Belisario, presidente
dei senatori Idv, ha definito “scriteriato, in-
civile ed eversivo” l’attacco di Berlusconi
nei confronti del Quirinale. “Non abbiamo
alcuna incertezza e sappiamo da che parte
stare” ha dichiarato Belisario, lasciando tra-
sparire a sua volta qualche dubbio sulla li-
nea. Ma i “mal di pancia” nel partito non
sembrano impensierire Di Pietro che, anzi,
sottolinea di non aver messo in imbarazzo il
Capo dello Stato, “perché si è messo in im-
barazzo da sé, firmando una legge incosti-
tuzionale ma dicendo che questa era costi-
tuzionale”. E’ proprio su questo punto che
ha trovato la quadra il Partito Democratico
dopo una lunga riunione della segreteria,
seppellendo, ma solo per qualche ora,
l’ascia di guerra congressuale. No alle dimis-
sioni di Berlusconi, chieste invece a gran vo-
ce dall’Idv che ha promosso una manifesta-
zione di piazza, per non impugnare politi-
camente la sentenza della Corte. Linea pro-
“Non voglio un occhio di riguardo”
L’onorevole Pd Argentin, assente durante il voto sullo scudo, si difende
di Silvia D’Onghia
signora le si è avvicinata e l’ha insultata
pesantemente: “Noi in carrozzella non
passiamo inosservati -racconta- mi hanno
subito riconosciuta”. Ma l’episodio più
grave si è verificato lunedì sera, quando un
gruppo di ragazzi le si è avvicinato e ha
preso a calci la carrozzella, urlandole che
stava rubando soldi agli italiani: “Mi sono
spaventata, è stata una violenza terribile.
Penso che tutta questa acredine derivi dal
fatto che la gente non riesce ad arrivare
alla fine del mese”. Ileana Argentin non
crede che il mancato affossamento dello
scudo fiscale rappresenti un problema per
il Pd: “L’unico problema è e rimane il cen-
trodestra, i candidati dovrebbero smetter-
la di farsi la guerra e ricordare che l’obiet-
tivo comune è sconfiggere il governo”.
vissuto tutto ciò come una forma di
irriconoscenza”. È amareggiata, Ileana Ar-
gentin, per essere stata inserita (anche da Il
Fatto Quotidiano ) nella lista dei deputati del
Pd assenti nel momento cruciale del voto
sullo scudo fiscale. Non vuole occhi di ri-
guardo, per la sua condizione di disabilità,
come in molti invece potrebbero pensare:
“Ero semplicemente a casa con un’in-
fluenza, ho consegnato un certificato me-
dico giovedì scorso e sono stata assente
due giorni”, ci spiega. Un’assenza che pe-
rò le è costata cara. Già sabato, durante la
manifestazione della Federazione della
Stampa per la libertà d’informazione, una
FINI E SCHIFANI “CONVOCATI”:
I n queste ore le persone
di Vincenzo Vasile
C onvocazione d’urgen-
N ella sua proverbiale ine-
N ella maggioranza Silvio
H o oltre l’85% di presenze in aula, ho
163567783.029.png 163567783.030.png 163567783.031.png 163567783.032.png 163567783.033.png 163567783.034.png 163567783.035.png 163567783.036.png
Venerdì 9 ottobre 2009
U’ agenda di nuovo fitta. In fase di
pagina 5
LA GUERRA DEL LODO
Dalla compravendita
dibattimento si trovano il
processo sulle presunte
irregolarità nella compravendita di diritti
televisivi da parte di Mediaset che vedono
imputati il premier e parte del management
Fininvest e quello in cui Berlusconi è imputato
per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato
inglese David Mills. In quest’ultimo processo la
posizione del premier era stata stralciata e il
dibattimento a suo carico sospeso per via del
Lodo Alfano. Oggi comincerà per l’avvocato
inglese il processo d’appello in cui Berlusconi è
stato chiesto come teste dalla difesa.
A Roma invece il gip dovrà decidere sulla
richiesta di archiviazione di un procedimento nei
riguardi del premier: Berlusconi è indagato per
istigazione alla corruzione per un presunto
tentativo di avvicinamento, a ridosso
dell’approvazione della Legge Finanziaria del
governo Prodi, di alcuni parlamentari della
maggioranza per convincerli a passare con
l’opposizione con l’obiettivo di far cadere il
governo.
dei senatori ai diritti tv :
tutti i processi
Giustizia,
The Times
Il premier ora
deve dimettersi
“I giudici
arrivaloscudo
inflig-
gono a Berlu-
sconi un col-
po mortale”,
il titolo del “Ti m e s ” di
Londra (proprietà di
Ruperth Murdoch, pa-
drone di Sky): “ha sver-
gognato l’incarico e il
paese. Ha cercato di vi-
vere al di sopra della
legge. Con i processi
che lo attendono sarà
consumato dalla legge.
Dovrebbe dimettersi”.
adpersonam
Per svicolare dai tribunali il premier vuole il blitz
su nuovo processo penale e intercettazioni
Mediaset, il fronte è ancora aperto (F OTO E MBLEMA )
New York Times
Sommerso
dagli scandali
M olto du-
scrive come un leone
ferito e braccato. Come
un uomo che alterna
momenti di euforia alla de-
pressione più cupa: c’è l’ha
con i magistrati, con il pre-
sidente della Repubblica,
con l’alleato Gianfranco Fini.
Ma in privato se la prende an-
che con i suoi avvocati e, in
pubblico, con la stampa, rea
di aver svelato, prima
dell’estate i retroscena di una
sua sconcertante cena con
due giudici della corte costi-
tuzionale. In attesa di com-
pilare una lista definitiva dei
buoni e dei cattivi, Silvio Ber-
lusconi, comunque, un ob-
biettivo ben chiaro in testa lo
ha già: cambiare da subito la
giustizia.
Se fosse per lui la riforma del
codice di procedura penale
attualmente ferma nelle
commissioni parlamentari
verrebbe introdotta per de-
creto legge. Ma visto che, in
questo momento, lo scoglio
del Colle appare difficilmen-
te superabile (solo il Cavalie-
re ha “necessità ed urgenza”
di nuove norme processua-
li), è scontato che l’articolato
venga al più presto messo in
calendario davanti alle came-
re. E, una sorte analoga do-
vrebbe avere la nuova legge
sulle intercettazioni telefoni-
ch e .
Nella riforma del codice di
procedura, infatti, accanto a
norme che di fatto impedi-
ranno l’apertura di qualsiasi
indagine su iniziativa dei
pubblici ministeri (solo le
forze di polizia potranno se-
gnalare le notizie di reato), ve
ne sono altre ritagliate appo-
sta per il premier. Prima fra
tutte, come rivelato ieri da “Il
fatto quotidiano”, quella che
toglierà il valore di prova alle
sentenze passate in giudica-
to: un articolo che allunghe-
rà a dismisura la durata del
suo processo per la presunta
corruzione dell’avvocato in-
glese David Mills e farà gua-
dagnare a Berlusconi la tanto
agognata prescrizione.
Questa, in ogni caso, non è
l’unica contromisura allo stu-
dio nelle stanze di Palazzo
Grazioli. Il Cavaliere intende
introdurre altre due norme.
Della prima ha già parlato
pubblicamente il ministro
della Difesa, Ignazio La Rus-
sa. Il centrodestra sta pensan-
do di far celebrare davanti al-
le corti d’assise i processi per
reati commessi da esponenti
del governo. L’idea - tutta da
verificare sul campo - è che
una giuria popolare possa ri-
sultare più sensibile alle ra-
gioni degli imputati politici,
di quanto non siano i giudici
togati. Ma, stante le limitazio-
ni poste dal codice, è difficile
credere che una norma del
genere possa valere nei due
dibattimenti (caso Mills e di-
ritti tv Mediaset) già aperti
contro il premier. Insomma,
per agire con quella lucidità
che fin qui è mancata, Ber-
lusconi ha bisogno di tempo.
Ecco allora che in soccorso
arriva una seconda legge, il
cui testo è già stato deposi-
tato l’8 maggio 2008, dal vice
presidente della giunta per le
autorizzazioni a procedere di
Montecitorio, Giuseppe
Consolo. L’ex esponete di An
vuole che venga aggiunto un
comma all’articolo 420 ter
del codice penale, quello che
regola gli impedimenti pro-
cessuali o dei difensori o de-
gli imputati e che rende quin-
di obbligatorio il rinvio delle
udienze. Si tratta di due sole
righe che recitano: “L’eserci-
zio dell’attività parlamentare
costituisce legittimo impedi-
mento a comparire”.
Ora, visto che quella degli av-
vocati è la categoria più rap-
presentata in parlamento, è
facile prevedere le conse-
guenze di una norma del ge-
nere: centinaia di processi
destinati a durare anni. Fino-
ra, infatti, veniva considerato
un impedimento solo l’eser-
cizio del diritto di voto da
parte del deputato o del se-
natore. Parlare tout - court di
“attività parlamentare” ri-
Pronta anche la norma salva
avvocati-deputati. E arrivano
nuovi guai dalla Svizzera
ro an-
che il com-
mento del
“New York
Ti m e s ” che sostiene co-
me la decisione della
Corte Costituzionale
potrebbe portare l’Ita-
lia in “un periodo di in-
stabilità politica” e os-
serva che in un altro
paese la saga di proble-
mi legali di Silvio Ber-
lusconi “avrebbe pro-
babilmente messo fine
alla sua carriera politi-
ca”.
schia invece di far compren-
dere negli impedimenti tutta
l’attività politica, anche se
svolta al di fuori di Camera e
Senato, del legale-deputato o
del deputato-imputato.
Ma se in Italia Berlusconi e i
suoi difensori-onorevoli Nic-
colò Ghedini, Piero Longo e
Gaetano Pecorella, hanno an-
cora ampi margini di mano-
vra, per loro lo spazio
all’estero sembra restrigersi
sempre di più. La Svizzera,
proprio in coincidenza con
l’inizio del processo di appel-
lo contro Mills (in calendario
per oggi), ha deciso l’aper-
tura di un’indagine per rici-
claggio contro quattro mana-
ger Fininvest che operavano
sui conti esteri dove, secon-
do l’accusa, venivano accan-
tonati decine di milioni di eu-
ro frutto del “nero”creato
con la compravendita di di-
ritti televisivi. E pure se in
questi casi un’istruttoria del
genere è prassi (il denaro è
già sotto sequestro su richie-
sta della procura di Milano),
Berlusconi si sente sempre
più accerchiato. Medita ven-
detta. Forse anche per que-
sto uno che lo conosceva be-
ne, come l’avvocato Mills, di-
ce ai microfoni di Sky, “da voi
succede di tutto”. Un frase
che non è solo una consta-
tazione.
El Pais
I giudici ridanno
credibilità all’Italia
I l quotidia-
BERLUSCONI SU LODO MONDADORI
“IL GIUDICE DEL CASO CIR NON HA SCRITTO LA SENTENZA”
no spagno-
lo scrive che
quella della
Corte è una
decisione che “onora la
giustizia italiana”, tute-
lando la “uguaglianza
davanti alla legge, cui
nessuno può sfuggire”.
La Corte, aggiunge il
giornale di Madrid, "ha
ridato credibilità e serie-
tà a un paese che Berlu-
sconi ha cercato di tra-
sformare in un paradiso
dell’illegalità e della im-
punità”.
solo la voce di Berlusconi in tv,
Matrix fa poco ascolto, ma il si-
lenzio seguito alle sparate del pre-
mier mercoledì a Canale 5 fa impres-
sione. Probabilmente tra i 900 mila
spettatori che hanno resistito senza fa-
re zapping, non c’era un giornalista o
un componente del Csm. Nessuna
agenzia di stampa e nessun sito inter-
net ha dedicato una riga alle parole del
premier. Tutto inizia alle 24, quando
Berlusconi si fa vivo al telefono e gli
ospiti in studio (il ministro La Russa, il
direttore de “ Il riformista” Antonio
Polito, l’avvocato del premier Gaeta-
no Pecorella, il direttore di Libero
Maurizio Belpietro e il deputato
dell’Italia dei Valori Massimo Donadi)
lasciano la scena alla voce del Cava-
liere. Dopo una raffica di sparate ge-
neriche sui giudici di Milano che scen-
dono in piazza contro il Governo e sul
presidente Napolitano notoriamente
di sinistra, Silvio cambia marcia. Quan-
do il conduttore Alessio Vinci gli chie-
de un commento sulla sentenza civile
che ha appena condannato la Finin-
vest a pagare 750 milioni di euro alla
Cir di Carlo De Benedetti per il Lodo
Mondadori, Berlusconi parte critican-
do il provvedimento ma poi cambia
obiettivo e punta il mirino sul giudice
che lo ha emesso: “la sentenza doveva
essere emessa da questo giudice (Rai-
mondo Mesiano del tribunale di Mi-
lano, Nda) entro il 30 di gennaio. Ma,
nel mese di gennaio, questo giudice
era lontanissimo dall’avere scritto la
sentenza. E’ stato trasferito ad altra se-
de e quindi tutti ritenevano che non
l’avrebbe più scritta. Invece ci siamo
ritrovati, come un fulmine a ciel se-
reno, una sentenza di 143 pagine dove
ci sono chiare le impronte digitali del-
la Cir”. L’accusa è gravissima. E non si
tratta di una gaffe. Il premier infatti
motiva l’affermazione: “perché è una
sentenza fatta di numeri e di tabelle,
che certamente non possono essere
riferite alla cultura giuridica di questo
giudice. E invece questo giudice ha
messo giù tutti questi numeri senza
mai chiedere una perizia a cui avrem-
mo potuto contrapporre una contro-
perizia. Quindi riteniamo che questo
giudice sia stato profondamente in-
fluenzato esternamente. Riteniamo
che non sia stato in grado di scrivere
lui questa sentenza”.
In pratica, per Berlusconi la sentenza è
stata scritta dalla Cir. Non solo. Sem-
bra di capire che gli uomini del Ca-
valiere abbiano un dossier pronto sul
povero Mesiano: “sappiamo che è un
giudice di estrema sinistra molto at-
tivo. Abbiamo molte notizie, molto
preoccupanti su questo giudice...”. Si
tratta di un vero e proprio caso di tran-
sfert. Tutti sanno che la Fininvest è
stata condannata proprio perché nel
1991 fu favorita dal giudice Vittorio
Metta, opportunamente corrotto da-
gli avvocati del gruppo Berlusconi. E
“il frutto della corruzione” era proprio
una sentenza che non era stata scritta
materialmente dal giudice corrotto,
che l’aveva firmata. Dopo avere so-
stanzialmente accusato il giudice Me-
siano di non avere scritto la sentenza,
come Metta allora, Silvio Berlusconi
passa a parlar d’altro. Raimondo Me-
siano dice: “non rilascio dichiarazio-
ni”. Mentre i vertici dell’Associazione
nazionale magistrati, Giuseppe Casci-
ni e Luca Palamara, commentano: “E’
inaccettabile che il presidente del
Consiglio attacchi personalmente i
giudici mettendo in dubbio la loro ter-
zietà, invece di criticare, come è le-
gittimo i loro provvedimenti”. Parole
sante. Ma la sensazione che ci sia
un’assuefazione generale resta.
tato po-
lemiche an-
che in Ger-
mania la vi-
cenda della bocciatura
da parte della consulta
del Lodo Alfano. Ieri il
quotidiano “Die Welt”
ha pubblicato un edito-
riale dal titolo “L’Italia
diventa un po’ più nor-
male”: “Con questa de-
cisione, - scrive - l’Italia
diventa così un po’ più
normale, si potrebbe
dire anche un po’ più
europea”.
Veleni a Matrix:
“Sul verdetto ci
sono le impronte
del gruppo De
Benedetti”
STAMPA ESTERA
di Peter Gomez
C hi gli sta vicino lo de-
di Marco Lillo
S arà perché quando si sente anche
Die Welt
Il Paese diventa
più normale
H a susci-
163567783.037.png 163567783.038.png 163567783.039.png 163567783.040.png 163567783.041.png 163567783.042.png 163567783.043.png 163567783.044.png 163567783.045.png 163567783.046.png 163567783.047.png 163567783.048.png
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