Il fatto - 15.10.2009.pdf

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Il fatto
Fini difende l’autonomia dei pm e la stampa straniera
che critica B. Gioco delle parti o si prepara lo scontro?
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w w w. i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t
G i ove d ì 15 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 20
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Cacciate
laBinetti
di Luca Telese
dc
P aola Binetti va cacciata dal Pd: se-
MONTECITORIO SI VERGOGNA
renamente e pacatamente. Non per
rigurgiti di stalinismo ma perché è
una donna coerente. La Binetti è
una persona umanamente corretta, con-
vinta dei suoi valori. Non è disposta a com-
promessi. Ma siccome i valori che consi-
dera irrinunciabili sono esattamente anti-
tetici a quelli della comunità che deve rap-
presentare, cessa di essere un problema di
libertà di coscienza e diventa una minac-
cia. Si dice: dovrebbe andarsene lei. E se
non vuole? Anche in questo è coerente:
per lei combattere la laicità del Pd è una
missione, da attuare con fede crociata. La
Binetti sta nel Pd con lo stesso spirito con
in quale si autoinfligge il cilicio: un dolore
è un giusto pegno di testimonianza fra gli
infedeli. L’idea che cacciarla sarebbe uno
strappo al Dna democratico è una fesseria.
Ogni corpo che aspiri ad avere una iden-
tità deve tenere fuori chi afferma l’identità
contraria. Si possono espellere un antise-
mita o un negazionista dal Pd? Certo. Dun-
que anche un omofobo. Chi nel terzo mil-
lennio crede che omossessualità e diver-
sità siano “malattie”. La Binetti diventerà
una martire, dicono i buonisti. I martiri so-
no quelli che in Italia muoiono appesi ai
tubi, o vedono negato il loro diritto ad
amarsi perché diversi. E se martirio fosse
statene certi: a Paola non dispiace.
Mea culpa alla Camera dopo la denuncia del Fatto
Parole dure di Casini, durante un dibattito
parlamentare, che poi telefona al presidente Fini.
La maggioranza difende il vuoto voluto dal
governo. Ma l’Italia è maglia nera in Europa: non
ratifica le direttive.
I CONSIGLI
D E L L’ON. BETULLA
Ferrucci e Giulietti pag. 3 z
di Marco Travaglio
C iedendo scusa alle signore, cito testualmente dall'editoriale di
prima pagina sul Giornale lunedì a firma Renato Farina (me l'ha
segnalato un lettore, mi era sfuggito, non ci si può fare del male
tutti i giorni): “Per me uccidere una persona è il delitto
peggiore che esista, grida vendetta al cospetto di Dio. E non
dovrebbero esistere graduazioni. Ma a lume di buon senso, quanto al
danno sociale, siamo sicuri che sia più grave uccidere un
omosessuale single che un padre di famiglia?”. Se le parole hanno un
senso, il Farina sta fornendo, sul quotidiano di famiglia del presidente
del Consiglio, preziose indicazioni per orientare il mirino di killer,
serial killer, canari, neonazi da spedizione punitiva, teste rasate con le
mani che prudono, personcine così. Una specie di listino di borsa dei
bersagli da escludere e da privilegiare. A lume del suo proverbiale
buon senso, egli ritiene che, dovendo proprio ammazzare qualcuno
(quando ci vuole ci vuole), è meglio sincerarsi che la vittima sia gay,
in quanto notoriamente incapace di procreare. L’ideale sarebbe
sceglierlo single, il gay, onde evitare che a piangere sulla sua bara ci
sia anche un compagno, cioè un pubblico concubino contro natura,
che guasterebbe il panorama e imbarazzerebbe gli eventuali Farina
presenti alle esequie. E' viceversa vivamente sconsigliabile
assassinare padri di famiglia, per definizione eterosessuali e dunque
di rango doppiamente superiore ai gay single: anzitutto perchè, lo
dice il ragionamento stesso, accanto a ogni padre di famiglia ci
dev'essere (o ci dev'essere stata) per forza una madre di famiglia e
soprattutto ci devono essere dei figli.
Purtroppo i consigli ai cecchini si fermano qui, forse per motivi
di spazio. Ma la speciale classifica dei soggetti socialmente più
inutili, la cui eliminazione merita in tribunale la speciale
“attenuante Farina”, si presta a ulteriori sviluppi che prima o poi
andranno esplicitati. Se uno, per esempio, volesse incaponirsi a
trucidare un eterosessuale col minimo danno sociale, sempre a
lume di buon senso, dovrebbe concentrarsi sulla categoria degli
impotenti scapoli che, non contenti di aver rinunciato a farsi una
famiglia, hanno pure l'ardire di non procreare, e dunque, quanto
a utilità sociale, sono molto prossimi ai gay, pur senza portare su
di sé il marchio d'infamia della culattoneria: cioè, diciamolo,
sono socialmente utili più o meno quanto un pelo superfluo.
Anche fra i padri e le madri di famiglia, poi, bisognerebbe
operare qualche opportuna distinzione: una donna in
menopausa vale molto meno di una potenziale partoriente, e
così un uomo operato alla prostata non può certo rivaleggiare
con un maschio italico nel fiore degli anni (senz’allusioni ad alte
o basse cariche dello Stato, notoriamente fuori concorso). Molto
al ribasso immaginiamo si collochino, nel fixing farinesco, i
portatori di qualsivoglia handicap dalla cintola in giù che li
escluda dal novero dei padri di famiglia effettivi o potenziali.
Volendo poi sottilizzare ci sarebbero anche, a fondo classifica, i
giornalisti che prendono soldi dai servizi segreti perché si
credono in missione antiterrorismo per conto di Dio, come i
Blues Brothers; si fanno chiamare Betulla; spìano colleghi e
magistrati; pubblicano dossier farlocchi
ispirati da Pio Pompa; infamano morti
ammazzati come Enzo Baldoni; vengono
espulsi dell’Ordine: si fanno eleggere
deputati; continuano a scrivere bestialità
sul Giornale del premier. Non osiamo
quantificare il danno sociale di una loro
eventuale scomparsa dalla scena
pubblica. Ma solo per il timore di
svegliarci da un bel sogno.
No,èilPd
chedeveespiare
di Antonio Padellaro
dc
C aro Luca. Quanto è brutta la parola
n Vento e gelo nella tendopoli de l’Aquila
Seimila sfollati vivono ancora dentro le tende. Nei paesi dove le telecamere non arrivano, non esistono
mense e ambulatori nonostante vi siano molti disabili e anziani. (F OTO A NSA ) Amurri pag. 5 z
“cacciare”, e quanto essa ricorda
modi e comportamenti padronali,
in particolare di quel padrone che
con gli editti stronca professioni e carrie-
re. E poi, cacciare chi e perché? Una par-
lamentare bigotta solo perché professa
idee che noi giudichiamo oscurantiste? Ri-
cordi Voltaire? Disapprovo quello che di-
te, ma difenderò fino alla morte il vostro
diritto a dirlo. Oltretutto, che sia un par-
tito che si definisce Democratico a buttar-
la fuori mi sembrerebbe ingiusto oltre che
paradossale. Di ben altra zavorra il Pd do-
vrebbe liberarsi. Degli assessori disonesti
che mangiano sulla salute dei cittadini o
dei capibastone che manovrando quintali
di tessere, spesso false, condizionano can-
didati e congressi. No, lasciamo che la Bi-
netti parli perché la sua più grande puni-
zione è dover continuamente spiegare ciò
che, probabilmente, anche lei, in cuor
suo, giudica umanamente sbagliato. E la-
sciamo che, tenendola dentro, anche il Pd
possa espiare la sua pena. Poiché la Binetti
qualcuno l'avrà pure reclutata, con quel-
l'opportunismo tipico di chi pensa di fare
politica con le figurine: un industriale
qua, una suorina là... Troppo semplice
adesso dire: non ci serve più. Lei è il cilicio
che il Pd ha volontariamente indossato.
Che se lo tenga.
TRATTAVIA x Ai magistrati le carte di Ciancimino
ECCO IL PAPELLO
TRA STATO
E MAFIA
Il documento sulle
richieste dei boss
negli anni delle
stragi all’esame
del pm Ingroia
Gomez e Lo Bianco pag. 6 z
in libreria
n sfide
Maradona
e la partita
della vita
Marco Risi pag. 14 z
Annamaria Rivera
Regole e roghi
Metamorfosi del razzismo
Il rifiuto dei migranti,
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in un paese sull’orlo
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Berlusconi annuncia il piano di
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pagina 2
C on 285 voti a favore, 222 contrari e 13
Giovedì 15 ottobre 2009
LE SPINE NEL PD
Ecco cosa prevedeva
astensioni, martedì scorso la Camera
ha accolto la pregiudiziale di
costituzionalità avanzata dall’Udc sulla proposta di
legge sull’omofobia (relatrice la deputata Pd Anna
Paola Concia). Il testo da un lato avrebbe
ripristinato, con lievi modifiche, il comma 1
dell’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654.
Dall’altro ne avrebbe esteso l’applicazione alle
discriminazioni motivate dall’identità di genere o
dall’orientamento sessuale. Sarebbe stato
considerato un’aggravante, dunque, nei reati “non
colposi contro la vita e l’incolumità individuale,
contro la personalità individuale, contro la libertà
personale e contro la libertà morale”, l’aver
commesso il fatto “con finalità inerenti
all’orientamento o alla discriminazione sessuale
della persona offesa dal reato”. Alle condanne per i
reati della legge 654, sarebbero state applicabili
tutte le pene accessorie previste del cosiddetto
“decreto Mancino”. Il principio era quello di
sancire l’equivalenza tra le discriminazioni causate
da motivi razziali e quelle causate dall’identità di
genere o dall’orientamento sessuale delle persone.
il testo
affossato dalla Camera
IL CASO BINETTI SI ABBATTE SULLE PRIMARIE
E OSCURA L’OMOFOBIA
Franceschini: “Va espulsa”. Ma si rimanda tutto al 25 ottobre
La teodem: “Per ora non decido niente”. E si schiera con Bersani
fobia e resta solo Paola Bi-
netti. Il giorno dopo l’af-
fossamento della legge,
nel Partito democratico si di-
scute quasi solo del caso della
deputata teodem, che per l’en-
nesima volta ha scelto di votare
in maniera diversa dal suo
gruppo parlamentare. Per la
prima volta si parla esplicita-
mente di espulsione dal parti-
to, ma con un dibattito che
sembra attenere più alle dina-
miche congressuali che a que-
stioni di merito. Tanto è vero
che ogni decisione è già riman-
data a dopo lo primarie. Dopo
la scelta della deputata teodem
di votare le pregiudiziali di in-
costituzionalità al testo della
Concia è durissima la dichiara-
zione del segretario France-
schini: “Il voto espresso alla Ca-
mera da Binetti deve far riflet-
tere sulla sua stessa permanen-
za nel Pd”, dichiara. Questo si-
gnifica che si arriverà all’espul-
sione? “Non sono io a poter de-
cidere: il segretario del partito
non ha questi poteri. Ma credo
che questi non siano temi su
cui ci possa essere libertà di co-
scienza. Sono chiamati in cau-
sa i valori fondativi, l'idea stes-
sa del Pd". Con questa doppia
dichiarazione, il leader del Pd
in realtà manda due messaggi:
da una parte, ancora una volta
guarda all’elettorato di Ignazio
Marino, in vista delle primarie.
Dall’altra, fa capire, seppur tra
le righe, che da qui al 25 otto-
bre non succederà niente. Nes-
suno pensa in questo momen-
to di riunire gli uffici del Grup-
po per discutere la questione. I
mariniani, dal canto loro, con-
tinuano a respingere al mitten-
te le aperture dell’attuale lea-
der del partito: la posizione di
Franceschini è puramente
strumentale, denunciano. Ma
nel gioco di scacchi del dibat-
tito all’interno del Pd, si regi-
stra anche la reazione piccata
della stessa Binetti, che fa sape-
re di aver intenzione di restare,
ma di non volere “il partito uni-
co”. A questo punto si inseri-
sce Pier Luigi Bersani: “Sui casi
di coscienza decide l’organi-
smo statutario”. Pronta arriva
la reazione della deputata in
questione: “Alle primarie pen-
so di votare Bersani”. E con una
sola dichiarazione riesce sia a
vendicarsi dei franceschiniani,
nelle cui fila peraltro sono mol-
ti dei più vicini alle sue posizio-
ni, sia a mettere in difficoltà i
bersaniani. “Chi vota per me,
sa che questo significherebbe
accettare le regole”, commen-
ta l’ex Ministro. E i suoi fanno
notare che il problema non è
l’espulsione, di cui in questo
momento non è il caso di par-
lare, ma la presenza di regole
certe. “È necessario stabilire
una regola nella gestione del
partito”, afferma Letta, dando
con questo una stoccata a Fran-
ceschini e ai suoi che hanno in
mano sia questa, che la gestio-
ne del gruppo parlamentare al-
la Camera. Non senza sottoli-
neare che a inseguire la
deputata teodem
per candidarla
furono proprio
Veltroni, Fran-
ceschini e Ru-
telli. La Binet-
ti, intanto, è
corteggiatissi-
ma: voci la dan-
no
l’Udc, l’Mpa la freclama uffi-
cialmente. “Deciderò solo do-
po le primarie”, spiega lei. In
questa fase, da una parte vuole
pesare nel partito, dall’altra
aspetta il nuovo segretario del
Pd e gli scenari che si delinee-
ranno per valutare che fare.
Non è escluso che alla fine de-
cida di seguire Rutelli nella sua
“svolta”, annunciata, ma anco-
ra non ben chiarita. Da no-
tare che a difenderla con
più foga è tra gli altri
uno degli “azionisti
di maggioranza” di
Franceschini. "Non
prendiamo le scor-
ciatoie delle espul-
sioni, che peraltro
nello statuto non esi-
stono. Il partito deve
favorire il confronto e la discus-
sione interna", afferma Fioro-
ni. Intanto, arriva dall’Onu una
critica durissima all’Italia: lo
stop alla legge sull'omofobia
giunto ieri dal Parlamento ita-
liano "è un passo indietro" per i
diritti di gay e lesbiche, secon-
do Navi Pillay, Alto Commissa-
rio delle Nazioni unite per i di-
ritti umani. E si vocifera che og-
gi in Consiglio dei Ministri la
Carfagna presenterà un suo di-
segno di legge. Mentre il Pd
cerca di arginare il danno: Cas-
son ripresenta in Senato la pro-
posta della Concia bocciata
dalla Camera e a Montecitorio
la presidenza del gruppo Pd de-
posita una proposta di legge
per un nuovo testo armonizza-
to con il Trattato di Lisbona.
verso
L’Onu contro
l’Italia: “Sui
diritti dei gay
è stato fatto
un passo
indietro”
STEFANO RODOTÀ
“LA COSTITUZIONE TUTELA
LE DISCRIMINAZIONI”
PaoloBinetti vista
da Emanuele
F u c e c ch i
di Stefano Caselli
po della persona umana. Non
riconoscere ad alcuni sogget-
ti il diritto di vivere liberamen-
te la propria vita sessuale in-
troduce una violazione della
dignità sociale delle persone.
L’argomento della discrimina-
zione al contrario per i non
omosessuali – per cui la legge
non avrebbe previsto l’aggra-
vante – è poi un falso proble-
ma. La norma era un tentativo
per garantire a una determi-
nata categoria di cittadini uno
status di uguaglianza che per
altri non è messo in discussio-
ne. Nessuno aggredisce al gri-
do di ‘sporco eterosessuale’,
mentre le cronache – pur-
troppo – riferiscono numero-
si casi di violenza omofoba”.
Dunque le motivazioni del-
lo stop, più che giuridiche,
sono di altro tipo?
Un intervento normativo di
questo genere avrebbe avuto
non solo un valore normati-
vo, ma anche un valore sim-
bolico forte: l’accettazione
sociale di qualsiasi tendenza
sessuale. È questo il dato cul-
turale che infastidisce, e qual-
cuno lo ha detto anche espli-
citamente. Perché attraverso
il riconoscimento formale
della rilevanza di queste situa-
zioni – meritevoli addirittura
di una tutela penale rafforzata
– diventa più difficile negare il
riconoscimento di altri diritti,
per esempio quello alle unio-
ni di fatto. Come si può affer-
mare che gli omosessuali già
godono della piena parità, se
poi viene loro negato ciò che
ad altri è garantito? Dietro il
riferimento ipocrita al princi-
pio di uguaglianza c’è quindi
esattamente il contrario, il ti-
more di una piena legittima-
zione di tendenze sessuali di-
ver se”.
A questo punto l’Italia ri-
mane l’unico grande Paese
dell’Unione a non aver una
legge sull’omofobia…
Purtroppo sì. Il nostro Parla-
mento rinuncia a fare dei pas-
si significativi per dare attua-
zione a impegni assunti in se-
de internazionale. Quando
entrerà in vigore la Carta dei
Diritti Fondamentali
dell’Unione Europea la que-
stione dovrà necessariamen-
te riproporsi”.
PAOLA CONCIA
“IL VERO TEMA NON È LEI,
MA LA LINEA DEL PARTITO”
a una nuova dimostrazio-
ne dell’arretratezza italiana”.
È il duro giudizio del profes-
sor Stefano Rodotà sulla pre-
giudiziale di incostituzionali-
tà che, di fatto, ha affondato la
cosiddetta legge sull’omofo-
bia. “Dietro alle motivazioni
giuridiche – dichiara Rodotà –
si nasconde il chiaro retro-
pensiero di chi stenta a rico-
noscere pari dignità sociale
alle persone non eterosessua-
li”.
Professore, partiamo dal
dato tecnico. Si è sostenu-
to che introdurre un’aggra-
vante per i delitti motivati
dall’orientamento sessuale
della vittima avrebbe crea-
to una categoria di soggetti
doppiamente tutelati. È
una posizione sostenibile?
Assolutamente no. La pregiu-
diziale non solo è infondata,
ma capovolge la logica stessa
che sta alla base della nostra
Costituzione, del Trattato isti-
tutivo dell’Unione Europea e
della Carta dei Diritti Fonda-
mentali della Ue. L’articolo 13
del Trattato, che è assoluta-
mente vincolante, prevede
esplicitamente provvedimen-
ti per combattere le discrimi-
nazioni fondate sulle tenden-
ze sessuali. È un impegno isti-
tuzionale. E poi c’è l’articolo
3 della Costituzione italiana,
che impone alla Repubblica
di rimuovere gli ostacoli di or-
dine economico e sociale che
impediscono il pieno svilup-
di Elisa Battistini
altri fronti, ognuno di noi deciderà se restare
o meno”. E questo vale anche per per la Bi-
netti. “Starà a lei capire se il Pd corrisponde
alle sue idee. L’esplusione è un falso proble-
ma. La Binetti è un falso problema. La verità è
che nei giorni che ci separano dalle primarie,
dobbiamo smetterla con le ambiguità. Pro-
prio per questo voto Marino”.
Per il resto, Paola Concia è soprattutto ama-
reggiata. “In un giorno abbiamo buttato via
un anno di lavoro mostrando che alla politica
interessano poco i diritti civi-
li”. E sulla questione della co-
stituzionalità precisa: “L’aggra-
vante di omofobia esiste in
Francia, Belgio, Portogallo. La
questione è pretestuosa. Al
contrario, la legge avrebbe rea-
lizzato l’articolo 3 in cui si parla
del dovere di rimuovere gli
ostacoli di ordine sociale che li-
mitano la libertà dei cittadini.
Le leggi europee paragonano
l’omofobia al razzismo. In en-
trambi i casi la violenza viene
perpetuata in ragione di una
condizione. Se ci sono dati evi-
denti che un reato è commesso
in ragione della razza o del ses-
so, allora si applica l’aggravan-
te”. Ma la legge è lettera morta.
E il Ministro Carfagna proporrà
un nuovo testo: “Se è convin-
cente lo voterò. Ma bruciare un
anno di lavoro bipartisan per ri-
fare la legge, sul piano politico
è imperdonabile”.
Pd per creare zizzania. Ma il problema
non è lei. È il partito”. Non ha dubbi la de-
putata democratica Paola Concia, prima fir-
mataria della legge contro l’omofobia affos-
sata alla Camera. “Il tema di oggi - dice - non è
l’espulsione della Binetti, ma la linea del Pd. A
questo partito interessano i diritti degli omo-
sessuali? Quando il Pd sarà chiaro su questo e
Fondazione e qualcosa che
assomiglia da vicino a un sottogruppo
parlamentare. Sono mesi, che i finiani
si organizzano e si distinguono. Il
Secolo d’Italia ha portato avanti (e
forse in alcuni casi anche “oltre”) le
battaglie del Presidente della Camera,
dalle posizioni su cittadinanza e
immigrazione a quelle sui temi etici.
Alla Fondazione Farefuturo spetta
“sistematizzare”e“organizzare”il
pensiero politico dei fedelissimi di Fini.
Il 16 settembre, 71 deputati ex An
hanno firmato un documento in cui si
chiedeva una gestione più collegiale del
gruppo del Pdl. E alla Camera hanno
pronti i loro correttivi al testo sul
biotestamento licenziato dal Senato.
Martedì sul voto alla legge contro
l’omofobia, in 9, “capeggiati” da Della
Vedova e Flavia Perina, Bocchino e
Adolfo Urso, si sono distinti in maniera
netta, votando no alle pregiudiziali di
costituzionalità sollevate dall’Udc e
votate da tutta la maggioranza. Perché
“il provvedimento andava corretto e
non affossato”. Mentre esplode il caso
Binetti, forse la questione finiani non è
poi così da meno.
di Wanda Marra
S parisce la questione omo-
“S iamo purtroppo di fronte
“L a Binetti è furba. Gioca sull’ambiguità del
PRESSIONI DI GRUPPO
SE I FINIANI VOTANO CONTRO
H anno un giornale, una
166362690.012.png 166362690.013.png 166362690.014.png 166362690.015.png 166362690.016.png 166362690.017.png 166362690.018.png 166362690.019.png
Giovedì 15 ottobre 2009
I disegni di legge presentati alle
pagina 3
CRISI DEMOCRATICA
Sono 32 le leggi
Camere nella sedicesima legislatura
sono 4471, di cui 1746 al Senato e
2725 alla Camera. 4283 sono quelli
d’iniziativa parlamentare. 153 d’iniziativa
governativa, 21 regionale (2 Piemonte, 2 Valle
d’Aosta, 2 Lombardia, 6 Veneto, 2 Liguria, 2
Emilia Romagna,3 Toscana, 1 Lazio, 1
Abruzzo) , 12 popolare e 2 provenienti dal
CNEL. I disegni di legge approvati (alcuni in
stadi intermedi) sono 145 al Senato e 126 alla
Camera. I voti di fiducia, richiesti e accordati,
sono stati 6 a Palazzo Madama e 15 a
M o n t e c i t o r i o.
I disegni di legge in corso di esame sono 32, dei
quali 19 alla Camera e 13 al Senato. Il tempo
medio di approvazione per una legge
d’iniziativa parlamentare è di 162 giorni, che si
riducono a 61 per quelli d’iniziativa
governativa. La conversione dei decreti in legge
ha bisogno invece di 40 giorni in media. I tempi
più lunghi sono quelli spesi per le leggi
ordinarie collegate alla manovra finanziaria:
237 giorni.
in corso d’esame
tra Camera e Senato
“CI DOBBIAMO VERGOGNARE”
Giustizia,
Fini frena
il premier:
no ai pm
s o g ge t t i
al governo
tificare un numero sempre
più alto di direttive europee.
E già adesso siamo in grande
difficoltà: numeri alla mano, a
ottobre, siamo a 155 infrazio-
ni, il 70% delle quali proprio
per mancato recepimento.
Vuol dire che Governo e Par-
lamento non trovano il tem-
po di discutere, valutare, ade-
guare e approvare. Siamo i
peggiori d’Europa anche se,
va detto, in miglioramento
(tre anni fa superavamo am-
piamente le 200). Ma, se que-
sto aspetto, alcuni lo derubri-
cano in chiave burocratese
(“il sistema Italia è molto
complicato e articolato in
gangli statali” spiega una fon-
te governativa), diverso è il
discorso sulla attività nostra-
na: "Il Parlamento procede
con voti di fiducia, ma-
xi-emendamenti, apposizioni
di procedure abbreviate che
finiscono per. annullare, assi-
milare e assorbire tutto il di-
battito del nostro Parlamen-
to, e noi ci troviamo a non
avere provvedimenti da ca-
lendarizzare", si sfoga Casini.
Tradotto vuol dire congelare
il lavoro parlamentare attra-
verso decreti e fiducia (un uti-
lizzo record durante questa
legislatura); la Camera lavora
solo o quasi unicamente sui
provvedimenti del governo
che, allo stato, non ha nulla
da proporre all’assemblea. In
pratica è stata messa in atto la
proposta di Berlusconi di far
votare solo i capogruppo.
Una sorta di Consiglio d’am-
ministrazione governativo.
Fischi allora, quando l’ha det-
to, silenzio adesso quando lo
sta mettendo in atto. Pren-
dendo sempre spunto dai nu-
meri, ecco scoprire che in
questa XVI legislatura sono
stati elaborati 1746 disegni di
legge al Senato; 145 sono pas-
sati; ma il 70% di quest’ultimi,
erano di iniziativa governati-
va. Insomma “ghe pensi mi”,
come direbbe Berlusconi.
Tanto che il Pdl ha mandato
una lettera ai suoi, dai toni
molto chiari: “Coloro che
non raggiungeranno l'80%
delle votazioni non sarà rican-
didato”.
“La capacità della maggioran-
za, del governo, ma anche del
Parlamento, di dare delle ri-
sposte ai cittadini si misura
non nel Palazzo, ma fuori",
tuona il capogruppo della Le-
ga, Roberto Cota. Altri ap-
plausi dalla maggioranza. “È
inconcepibile rispetto alla
tradizione lavorare un giorno
e mezzo alla settimana” ri-
sponde Casini. Quest’ultimo
ha poi telefonato al presiden-
te della Camera Gianfranco
Fini che gli ha assicurato che
provvederà a sollecitare le
commissioni a calendarizzare
i provvedimenti per l’Au l a .
Un sollecito, niente più. Oltre
non gli è consentito andare.
Nel frattempo, finite le tre ore
di ieri, è suonata la “campa-
nella”. Fine della settimana.
Tutti liberi di dedicarsi a hob-
by, viaggi o, magari, secondi
lavori. Il tempo è anche de-
naro.
ne delle carriere dei
magistrati, un altro è che il
pm sia sottoposto ad altri
poteri se non a quello
dell’ordine giudiziario”.
Arriva da Francoforte il
nuovo strappo tra Fini e
Berlusconi. Inaugurando
lo “spazio Italia” al 61esi-
mo Salone del Libro, il pre-
sidente della Camera è in-
tervenuto infatti nel dibat-
tito sulla riforma dell’ordi-
namento giudiziario, rilan-
ciata in questi giorni dallo
stesso premier. “Non ho
cambiato idea sul fatto che
la Costituzione vada ri-
spettata - ha spiegato - sul
principio di assoluta indi-
pendenza di tutti i magi-
strati”. Un pensiero antici-
pato ieri, in un’intervista,
dalla presidente della
Commissione Giustizia
della Camera, Giulia Bon-
giorno, secondo cui “sot-
toporre i pm al controllo
dell’esecutivo non garanti-
rebbe nessuno”. Per l’av-
vocato, inoltre, la riforma
è “urgente, ma deve essere
organica, non a macchia di
leopardo”
Fini ha inoltre allargato il
discorso a tutte le riforme:
“Sulla fine del bicamerali-
smo perfetto, sulla riduzio-
ne dei parlamentari e su
nuove forme di equilibrio
tra potere esecutivo e legi-
slativo si possono fare ri-
forme che siano approvate
con una larga maggioranza
quale è quella prevista
dall’articolo 138 della Co-
stituzione, indispensabile
per evitare l’ipotesi, non
automatica ma già attivata
in passato, di un referen-
dum confermativo”. Se-
condo il presidente dei de-
putati di Montecitorio, i
padri costituenti non
avrebbero inserito a caso
le modalità per fare le rifor-
me: “Io da sempre auspico
- ha proseguito - che in que-
sta legislatura non si perda
l’occasione per riformare
le istituzioni portando a
compimento un iter molto
ricco. Ci sono le condizio-
ni politiche perché ciò av-
venga, sulla base di una lar-
ga o addirittura unanime
convergenza su alcune
questioni. Ad esempio,
sulla necessità di portare a
compimento il processo
federalista in corso, indi-
spensabile perché abbia
un modello istituzionale
che gli offra uno sbocco”.
Fini non ha risparmiato a
Berlusconi neanche una
stoccata sull’immagine
dell’Italia all’estero, che
non dipende solo dai me-
dia. Tra i due era previsto
per oggi un altro incontro
chiarificatore, ma Monte-
citorio ha fatto sapere che
l’appuntamento slitta alla
prossima settimana. (s .d.r)
di doverci vergo-
gnare, tutti”, am-
mette Pier Ferdi-
nando Casini. E lo fa durante
il dibattito parlamentare di ie-
ri. Si riferisce, è chiaro, all’ar-
ticolo di Furio Colombo pub-
blicato sulla prima pagina de
“il Fatto Quotidiano” e intito-
lato: “Scandalo alla Camera: la
settimana dura solo quattro
ore”. Applausi da tutta l’op-
posizione, fischi dalla mag-
gioranza. Con l’ex ministro
Antonio Martino lesto a pren-
dere la parola, ed ergersi a
scudiero del Governo: "Dob-
biamo ritornare al vero Par-
lamento, come luogo di di-
scussione, di confronto e di
competizione di idee e che
vota soltanto alla fine”. E an-
cora "dobbiamo delegare la
maggior parte dei voti alle
commissioni, che infatti lavo-
rano in questo senso. L'Aula
deve servire come luogo di
dibattito. Credo che questa
sia la posizione giusta per di-
fendere il Parlamento". Bene,
ma difenderlo da cosa? Pro-
babilmente dalle future mul-
te della commissione euro-
pea. Sì, perché con l’arrivo
del recente “Trattato di Lisbo-
na”, poco amato da Silvio Ber-
lussconi perché considerato
invasivo dell’autonomia na-
zionale, ogni stato dovrà ra-
POTERE E TELEVISIONE
Se anche le Iene
si addormentano
la Carlucci a pagare la sua ex portaborse, an-
ticipato dal nostro giornale, non è andato in onda nel-
la puntata di martedì scorso delle Iene. Se sparisse per
sempre dalla programmazione sarebbe un brutto se-
gnale. Anche perché non è certo la prima volta che un
servizio sgradito a un politico salta per ragioni oscu-
re. In compenso, nella penultima puntata le Iene so-
no riuscite a fare uno scoop: hanno mostrato i po-
liziotti addormentati nelle auto davanti ai ministeri
dopo una notte di guardia. Il Silp, sindacato della
Cgil, ha ricordato che quel servizio comporterà
un procedimento disciplinare e ha scritto un co-
municato molto duro ma che oggi si rivela pre-
veggente: “é satira mettere in ridicolo un uomo
che guadagna 1400 euro e non ha avvocati per di-
fendersi? No, la satira è cosa per uomini corag-
giosi che se la prendono con i potenti”. Ma quelli
sono dentro il Palazzo. Non dentro la guardiola.
IL RACCONTO
LA GIORNATA DI UN PARLAMENTARE?
SEMBRA UN FOGLIO BIANCO
di Giuseppe Giulietti*
ma non pochi parlamentari, e non solo nelle
fila dell’opposizione. Sarebbe tuttavia un gra-
ve errore limitarsi ad una superficiale descri-
zione di quanto sta accadendo e non cogliere
che si tratta di una vera e propria questione
democratica. Sono rimasto imbarazzato
quando il direttore Padellaro mi ha gentil-
mente chiesto di descrivere una giornata ti-
po del Parlamento. La tentazione sarebbe sta-
ta quella di mandare un foglio bianco, allegando gli
ultimi ordini del giorno e i calendari di lavoro. Dal-
l'inizio di settembre l'aula funziona a mezzo servizio,
di regola le sedute si limitano al martedì pomeriggio e
al mercoledì. Volete un esempio? Questa settimana le
votazioni si sono svolte dalle 16 alle 19 e stamane
dalle 11 alle 13. Il lavoro nelle commissioni ha se-
guito lo stesso andamento. Cattiveria del presidente
Fini? Scarsa volontà dei singoli parlamentari? Furbi-
zia della casta per intascare la diaria e andare a casa?
go lunedì pomeriggio ore 16". Accidenti devo di-
sdire l'incontro con i ragazzi di Libera che hanno pro-
mosso un incontro su mafia e informazione. Secondo
sms: "Si avverte che le votazioni avranno luogo mar-
tedì alle ore 11". Convocare o no la riunione? Disdire
subito gli appuntamenti di martedì compreso l'in-
contro con il sindacato europeo dei giornalisti, ma
sarà bene non correre rischi, ci manca solo che si
ripeta la vicenda dello scudo fiscale. Sms tre: "Vota-
zioni spostate al pomeriggio, il governo sta valutan-
do di mettere la fiducia". A questo punto rinuncio a
organizzare alcunché, perché, a differenza di Berlu-
sconi, non penso di essere il miglior parlamentare
degli ultimi due secoli e non sono ancora riuscito a
regalarmi il dono dell'ubiquità che mi consentirebbe
di essere in aula, in commissione, ovunque, a pre-
scindere dallo spazio e dal tempo. Al di là dell’ironia
questa modalità di organizzazione dei lavori, incide
sulla qualità dei lavori, rende impossibile la continui-
tà, vanifica persino quel poco di creatività e di im-
pegno civico che comunque ancora resiste e che ani-
rapporto diretto tra il capo e la sua folla di spettatori.
Ieri mattina, Il Fatto quotidiano ha denunciato lo svuo-
tamento progressivo del Parlamento. E per fortuna,
le opposizioni, tutte insieme, hanno sollevato con
energia il tema: lo fatto il gruppo dell'Idv manifestan-
do davanti alla Camera, lo ha fatto il presidente Ca-
sini, lo ha fatto il Pd con l'onorevole Bressa che ha
ricordato come l'aula è diventata" quasi muta". Forse
bisognerà andare oltre, bisognerà restare in aula an-
che quando vorranno limitarne i lavori, forse biso-
gnerà ricorrere a forme di protesta più clamorose,
forse le opposizioni unite potrebbero riunirsi in cen-
to piazze italiane e raccontare ai cittadini quanto ri-
schia di accadere. Nei giorni scorsi il direttore della
rivista Confronti, storico giornale del dialogo inter-
religioso, Gian Mario Giglio, in una lettera spedita
all’associazione Articolo21, ci ha invitato tutti a di-
fendere la Costituzione promuovendo la lettura del
testo in tutte le città e in tutti i paesi, portando con sé
una copia della carta e un’agenda rossa per ricordare
il sacrificio del giudice Borsellino e i misteri che pe-
sano su quella morte e sullo stessa democrazia. Ci
sembra una bella idea, i parlamentari potrebbero e
dovrebbero mettersi a disposizione, utilizzare il pro-
prio tempo, dentro e fuori l'aula, per difendere quei
principi e quei valori che Berlusconi vorrebbe an-
nullare o stravolgere. (Portavoce di Articolo21)
ma sarebbe persino più rassicurante, il male sa-
rebbe stato individuato con certezza. Purtroppo sta
accadendo qualcosa di più grave e cioé un lento svuo-
tamento della Costituzione. L'attività legislativa si sta
trasferendo altrove, potere esecutivo e potere legi-
slativo si stanno sovrapponendo. Il governo procede
per decreti, quando ha paura delle sue divisioni in-
terne mette il voto di fiducia. Questo lento processo
di svuotamento del Parlamento si accompagna alla
preannunciata offensiva contro l'autonomia del po-
tere giudiziario e contro quel poco che resta dell’au-
tonomia dell’informazione. Chiunque non sia in ma-
lafede o non sia un complice non può non vedere che
Berlusconi e i suoi hanno in mente di realizzare una
Repubblica presidenziale a reti unificate, fondata sul
Disorganizzazione,
poco lavoro in aula e
nelle commissioni: una
strategia per svuotare
la Costituzione
Alla Camera Casini lancia
l’allarme dopo la denuncia di ieri di Colombo
U n conto è la separazio-
di Alessandro Ferrucci
“U n giorno rischiamo
I l servizio sulla condanna del deputato Gabriel-
P rimo sms. "Si avverte che le votazioni avranno luo-
M agari le cose stessero così, sarebbe una schifezza,
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L’ indice della produzione industriale
Giovedì 15 ottobre 2009
FABBRICHE
La situazione
destagionalizzato segna, nel mese di
agosto 2009 , un aumento del 7 per
cento rispetto a luglio 2009 . La crescita è
superiore a quella registrata a luglio 2009 rispetto
al precedente mese di giugno 2009 : l’incremento
c’era stato, ma solo del 4%. L’ottimismo però è
solo apparente e non significa un’inversione di
tendenza rispetto alla recessione. Infatti,
guardando i dati complessivi relativi all’anno 2009
rispetto al 2008, si nota una variazione negativa di
quasi il 20 per cento: l’indice della produzione
corretto per gli effetti di calendario ha registrato
ad agosto una diminuzione tendenziale del 18,3
per cento , mentre nei primi otto mesi la
variazione rispetto allo stesso periodo del 2008 è
stata di meno 21 per cento. Gli indici dei mesi
estivi descrivono solo il comportamento delle
industrie che hanno consumato tutte le scorte e
le stanno ricostituendo. Per questo spendono, da
qui l’incremento dell’indice di produzione. Ma
non durerà. Nel confronto tendenziale relativo al
periodo gennaio-agosto, l’indice è diminuito del
21,1 per cento.
delle imprese italiane
secondo l’Istat
nella Toscana in crisi
A Piombino c’è il caso Dalmine
A Massa operai e sindaci protestano
Cortei e sequestri
a riprendersi quella vittoria,
anche se il sindaco Alessan-
dro Cosimi è convinto che
prima o poi “faremo rinasce-
re il grande basket”. Le buo-
ne intenzioni, da queste par-
ti, non mancano, ma non
sempre bastano per rag-
giungere i risultati sperati.
Come l’impresa del bomber
Cristiano Lucarelli, qualco-
sa di più di un calciatore per
la città, che dopo due anni
ha annunciato dalle colonne
del suo Corriere di Livorno
di non avere più né le risor-
se economiche né l’entusia-
smo per continuare nell’av-
ventura della carta stampa-
ta. Almeno la vicenda Tore-
mar è arrivata ad una svolta:
la compagnia di navigazione
passerà alla Regione in atte-
sa dell’arrivo di un privato
(sarebbe già pronto alla gara
l’armatore sudamericano
Corsica Ferries). Anche se i
sindaci di Rio Elba e Rio Ma-
rina preferirebbero mante-
nere la pre-
senza del ca-
pitale pubbli-
co, per ga-
rantire livelli
occupazio-
nali e “colle-
gamenti vita-
li per l’eco-
nomia di un
ter ritorio
che i nostri fi-
gli non devo-
no abbandonare”. A Carra-
ra, invece, i lavoratori della
Nuovi Cantieri Apuania,
quelli che hanno sequestra-
to una nave impedendone il
varo, incassano una mozio-
ne approvata all’unanimità
dal Consiglio regionale. Ma
si tratta solo di solidarietà.
te della sinistra”, come
dice il premier Silvio
Berlusconi, a dipingere
un’Italia in crisi. Eppure se
trenta operai arrivano addi-
rittura a sequestrare un sin-
daco (anche se in modo
“simbolico” e accettato dal
sequestrato stesso) forse si-
gnifica che la situazione non
è così rosea come viene di-
pinta ad Arcore e palazzo
Grazioli.
É successo ieri mattina ad
Aulla, in Lunigiana, al con-
fine tra Toscana e Liguria.
Prima sono saliti sul tetto
del municipio e poi hanno
sequestrato il sindaco Ro-
berto Simoncini. Perché da
lunedì scorso i lavoratori
della Costa Mauro, una
azienda che si occupa di tra-
sporto dei rifiuti, hanno do-
vuto incrociare forzatamen-
te le braccia. Le porte
dell’azienda non si sono
aperte, e le attività sono ces-
sate improvvisamente a cau-
sa della decisione della Pro-
vincia di Massa e Carrara: lo
stop al trasporto di rifiuti da
La Spezia a Albiano Magra e
al loro trattamento. Tutto
fermo fino all’arrivo - non si
sa quando - di nuove auto-
rizzazioni e, intanto, è in
corso anche un accertamen-
to da parte della Guardia di
Finanza per presunte irrego-
larità contabili, anche se
l’azienda si dichiara “estra-
nea ai fatti contestati”.
Il sindaco di Aulla, il seque-
strato, si è schierato dalla
parte dei lavoratori: “Hanno
tutta la mia solidarietà. É sta-
to un sequestro consensua-
le e simbolico, nel senso che
non mi sono mosso dal mio
ufficio per diverse ore al fi-
ne di trovare una soluzio-
ne”. Simoncini, che poi è an-
che salito sul tetto insieme
ai lavoratori, ha ottenuto già
per questa mattina un ver-
tice con l’azienda e le altre
istituzioni, mentre gli ope-
rai hanno passato la notte in
municipio e “rimarranno
nella sede comunale con me
fino a quando non avremo
risposte precise sul loro fu-
turo”, annuncia il sindaco.
Stesso giorno, 182 chilome-
tri più a sud, i 124 dipen-
denti del tubificio della Te-
naris Dalmine hanno mar-
ciato “per la sopravvivenza”
dalla località Fiorentina a
piazza Gramsci, nel cuore di
Piombino. Sei chilometri a
piedi, perché “l’azienda de-
ve ritirare il piano di ristrut-
turazione che prevede la
chiusura dello stabilimen-
to”, afferma Luciano Ga-
brielli della Fiom, per un ta-
glio complessivo di 1024
posti di lavoro su 2814 in
tutta Italia da qui al 2011.
Piombino, però, si è stretta
intorno alle famiglie che si
stanno preparando al trau-
ma della perdita di uno sti-
pendio, e al termine del cor-
teo molta gente ha parteci-
pato al pranzo di solidarietà,
offerto anche a qualche sen-
zatetto: “Mi auguro che nel-
le prossime ore il lavoro e
l’occupazione ritornino al
centro di un dibattito poli-
tico che troppo spesso non
se ne occupa”, afferma il sin-
daco Gianni Anselmi. E un
motivo ci sarà se dal 1994
questo è il momento peg-
giore per il livello occupa-
zionale nel Paese. La Tosca-
na non fa certo eccezione e,
anzi, assiste al rapido e in-
cessante declino industriale
dell’area che da Piombino
porta fino a Livorno con un
misto di rassegnazione e im-
potenza.
Attorno alla città dei quattro
mori, infatti, i casi disperati
paiono non finire mai. I 175
operai della ex Delphi anco-
ra aspettano una soluzione
contando i giorni che li se-
parano dalla scadenza della
Proteste operaie in Toscana
cassa integrazione in dero-
ga. L’elenco di aziende me-
die e piccole chiuse negli ul-
timi mesi continua ad au-
mentare. E la crisi non è solo
industriale. Il simbolo della
decadenza livornese, in
questi giorni, viene visto nel
fallimento della società di
pallacanestro, nonostante
in questi anni il Comune ab-
bia investito oltre 2 milioni
di euro per farla sopravvive-
re. Ma niente da fare, sipario
calato su una società un
tempo gloriosa che fu pure
campione d’Italia, anche se
solo per venti minuti: era la
finale per lo scudetto
1988/’89 e i giocatori del Li-
Perfino lo sport diventa
un simbolo della crisi,
dal basket al fallimento
del giornale livornese
di Cristiano Lucarelli
vorno appresero soltanto
negli spogliatoi di un pala-
sport in delirio che quell’ul-
timo canestro non era stato
convalidato, tricolore alla
Philips Milano.
Oggi sembra impossibile a
Livorno ritornare a grandi li-
velli sul parquet per provare
BERGAMO
SE LA LEGA PERDE IL FEUDO DELLA DALMINE
di Elisabetta Reguitti
mente il taglio di 836 posti di lavoro tra Dalmine,
Costa Volpino, la chiusura di Piombino (124 di-
pendenti a casa) e i 64 tagli nel sito produttivo di
Arcore.
Va anche rilevato che “Dalmine Tenaris nella
prima semestrale ha realizzato utili nonostante il
calo dei volumi del 30, 40 per cento”, come
spiega Giovanni Melchioretti, delegato Fiom.
C'è quindi profonda delusione, tra i lavoratori,
per la decisione dell'azienda: lo stupore deriva
dal numero di posti a rischio in relazione al buon
andamento della Tenaris e ai suoi utili. Lo scon-
certo è unito anche alla determinazione di lot-
tare per cancellare l'incubo dei tagli. Venerdì 2
ottobre oltre 200 lavoratori hanno manifestato
contro le scelte industriali. “Ti spremono e poi ti
buttano” lo slogan dello striscione. Otto ore di
sciopero nel giorno in cui gli onorevoli berga-
maschi del centrodestra (compreso il presiden-
te della Provincia) erano invece corsi a Roma
per garantire la loro presenza di voto per lo
scudo fiscale.
“A Roma invece che a Dalmine, per votare quella
che è una scelta vergognosa, a maggior ragione
con l'impunità per falso in bilancio e per reati
penalmente perseguibili come la falsa fattura-
zione” aveva dichiarato Luigi Bresciani segre-
tario generale Cgil Bergamo. “Andrebbe, invece,
rilanciata la lotta all'evasione, all' elusione fi-
scale e al lavoro nero, ripristinando le norme
antievasione quali la tracciabilità, il limite per
l'emissione di assegni trasferibili e l'obbligo del-
l'elenco clienti/fornitori. Invece, ancora una
volta, si dà ai ricchi e ai lavoratori dipendenti
mentre ai pensionati non si dà nulla. Anziché
esprimere solidarietà ai lavoratori che rischiano
di perdere il posto di lavoro si corre a Roma a
votare una legge vergognosa. Come se non ba-
stasse, in settimane di emorragia occupazionale
che sembra non fermarsi, la legge finanziaria
presentata dal governo è incapace di rispondere
alla pesante crisi economica in atto, a partire
dalla difesa dell'occupazione”.
Bergamo
sta, rischia di perdere i pezzi. E non solo sul
fronte occupazionale. Anche di credibilità po-
litica. Non sono infatti piaciute ai lavoratori,
molti dei quali iscritti alla Fiom Cgil e che però
votano per il Carroccio, le dichiarazioni dei rap-
presentanti politici locali e nazionali sul futuro
occupazionale dei dipendenti del gruppo indu-
striale. Tutto è iniziato all’indomani della pre-
sentazione del piano industriale nazionale
(2010-2011) da 114 milioni di euro (per i 4 siti
produttivi: i bergamaschi Dalmine e Costa Vol-
pino, quello di Arcore e Piombino) che prevede
però il taglio complessivo di 1024 posti di la-
voro. Era il 28 settembre scorso.
“Il giorno successivo il sindaco di Dalmi-
ne Claudia Terzi si è affrettato a rilasciare
una dichiarazione che in sintesi diceva
che non si deve più pensare al posto fisso
quanto piuttosto investire in formazione
per ricollocare i lavoratori”, ricorda Mirco
Rota segretario generale della Fiom di Ber-
gamo. A tutto ciò erano poi seguite le
parole del consigliere regionale leghista
Daniele Belotti che aveva rivelato l’esi-
stenza di un altro piano industriale con
“solo” 500 esuberi. “Dichiarazioni smen-
tite nella trattativa” dice Rota. Se tutto ciò
non bastasse il ministro Roberto Calde-
roli, al termine di un recente incontro di
due ore avuto con l’amministratore de-
legato della Dalmine Tenaris Vincenzo
Crapanzano ha commentato: “Dalle pri-
me indicazioni comincio a vedere un per-
corso che possa portare all'obiettivo che
nessuna famiglia possa avere un danno
dall'attuazione di questo piano”. Il rife-
rimento all’ “attuazione di questo piano”
ai lavoratori proprio non è piaciuta. Loro
infatti non intendono accettare passiva-
GUERRE DI CARTA
il direttore del Corriere della Sera e
il fondatore di Repubblica
(incomprensibile perché i lettori normali
leggono uno solo tra i due giornali),
Ferruccio de Bortoli sembra aver
assestato il colpo del knock out. Eugenio
Scalfari sconta l’età, nel senso che in
cinquant’anni di carriera qualche
cantonata l’ha presa pure lui. E de Bortoli
non manca di ricordarle con impietosa
precisione. Il più famoso è ovviamente
l’appoggio di “Repubblica” a Ciriaco De
Mita. Ma de Bortoli evita l’ovvio e ricorda
che Scalfari, almeno in una prima fase,
tifava per la Banca Privata (l’istituto di
credito più amato dalla mafia) di Michele
Sindona nello scontro con la Mediobanca
di Enrico Cuccia. E non basta: FdB
rivanga pure la signorile indifferenza con
cui Scalfari auspicava il fallimento del
Corriere, alla vigilia dello scandalo P2. In
modo altrettanto signorile, il direttore di
via Solferino usa pure l’argomento che
Giampaolo Pansa agita in questi giorni su
“Libero”: vendendo “Repubblica” a De
Benedetti, Scalfari barattò
l’indipendenza con un pacco di miliardi.
Quindi ora stia zitto sull’azionariato del
Corrierone. Urge replica.
di Giampiero Calapà
Livorno
S aranno solo le “gazzet-
L a Dalmine Tenaris di Bergamo, fortino leghi-
SINDONA VALE IL KO?
N el duello ormai incomprensibile tra
166362690.025.png 166362690.026.png 166362690.027.png 166362690.028.png 166362690.029.png 166362690.030.png
Giovedì 15 ottobre 2009
L a ricostruzione in Abbruzzo è costata
pagina 5
REPORTAGE
Case per sole 450 famiglie
un po’ più di 743 milioni di euro. Le
450 case costruite fino ad ora, su 19
piattaforme antisismiche di cemento a Bassano e
a Cese di Preturo, ospitano circa 1500 sfollati
contro i 70.000 complessivi. Tolto il costo per
l’espropriazione del terreno sono costate 2400
euro al metro quadro contro i 500 euro del
costo di case mobili o di legno che avrebbero
potuto accogliere tutti gli sfollati togliendoli dalla
precarietà delle tende e dall’estraneità degli
alberghi. Una delle spese più ingenti, giustificata
forse dal bisogno di una forte finzione scenica, è
stata per la realizzazione di aiuole e verde per
cui sono stati spesi ben 14 milioni e 420 mila
euro. Non sappiamo quante piante, fiori, e metri
quadrati di prato all’inglese siano stati piantati.
Ma di notte le temperature scendono sotto i 20
gradi e difficilmente il gelo le conserverà in vita.
Due le imprese che si sono aggiudicate gli
appalti: il Consorzio Sestante di Milano con il
28,11% di ribasso (quasi 6.500.000 euro) e la Rti
3A progetti, con il 26,22% di ribasso (quasi
6.640.000 euro). .
quasi 750 i milioni spesi
di cui 14 per le aiuole
si muore di freddo
Nelle zone del terremoto, molti rifiutano
l’albergo: “qui sono nato e voglio restare”
la, 725 metri sul livello del
mare, conca ai piedi del
Gran Sasso e della catena
del Velino Sirente, dove il gelo si
incanala con temperature che
sfiorano i 20 gradi sotto lo zero.
Un freddo che nelle 2000 tende,
fa battere i denti, gelare mani e
piedi fino a paralizzarne le dita.
“Quando lui diventa tutto bian-
co è finita” dice Maria, 59 anni,
fazzoletto di lana che lascia sco-
perto il viso segnato dalle ru-
ghe. ‘Lui’ è il Gran Sasso imbian-
cato che guarda ma non proteg-
ge i 6.000 sfollati che ancora vi-
vono in tenda. A Tempera, San
Gregorio, Navelli, San Deme-
trio, Villa Sant’Angelo,Santo Eu-
sanio, le telecamere non sono
mai arrivate. Arriviamo con oc-
chi curiosi e non giudicanti, ti-
morosi per non urtare la sensi-
bilità di chi è giustamente gelo-
so della propria intimità, deva-
stata dal sisma. Niente mensa,
niente presidio medico, niente
vaccino antinfluenzale, nessu-
na assistenza nonostante vi sia-
no disabili e anziani.
A sinista, le tende devastate dal vento di lunedì scorso, qui sopra una casa a L’Aquila (F OTO ANSA )
nica ma purtroppo non posso
portarli con me”. Anna Pacifica
Colasacco nel suo blog ( Mis-
sKappa , fino a 3mila contatti al
giorno) fin dalla prima scossa
non ha mai smesso di fotografa-
re la realtà, dietro il palcosceni-
co delle dentiere donate e delle
ville a disposizione millantate.
Anna aveva un laboratorio di re-
stauro, viveva a Costa Masciarel-
li, in pieno centro storico, in
una casa vincolata dalla soprin-
tendenza che non è ancora stata
puntellata come le altre. Da sei
mesi vive in un container che si
è comperato con un mutuo. “Il
G8 non solo non ci ha portato
nulla, ma ha ritardato di oltre
due mesi la ricostruzione, fatta
con gli occhi rivolti agli interes-
si delle imprese. Cosa che ha
portato a saltare la fase interme-
dia, passando dalle tende alle ca-
se contro il nostro volere e ha
segnato la comunità”.
della rotonda di Santa Barbara Si
tratta del campo tante volte mo-
strato in tv come modello d’ef-
ficienza, di organizzazione tem-
pestiva nei soccorsi, un’imma-
gine falsata dal bisogno del Pre-
mier di trasformare tutto, anche
le catastrofi, in passerelle me-
diatiche. Ora il sole che non ri-
scalda più né cuore né pelle è
una morsa di gelo che fa paura
anche ai maghi della ricostru-
zione. “Entro la fine del mese sa-
ranno smontate tutte le tendo-
poli in Abruzzo”, aveva detto
Bertolaso il 15 settembre, nei
giorni della consegna delle ca-
sette di Onna, a Porta a Porta . Le
parole pesano se poi le azioni
mancano. E pesano quelle della
lettera firmata da Bertolaso e dal
Sindaco de L’Aquila, Cialente
(Pd), per chiedere ai cittadini di
accettare di essere spostati ne-
gli alberghi: “in attesa di festeg-
giare il Natale in un clima più se-
reno”. La firma di Cialente susci-
ta perplessità. Perchè “aveva so-
stenuto la proposta, una delle
poche contrarie al volere della
Protezione Civile, di realizzare
case mobili mentre ora si alli-
nea”, srive Anna pacifica sul suo
blog. Sotto le tende arriva un’al-
tra lettera di Bertolaso: “scrivo
perché non mi sento ma sono
aquilano, non mi sento ma sono
terremotato. Si passa dai giorni
del lutto e della solidarietà a
quelli duri del tempo che rallen-
ta, delle televisioni che non han-
no più inviati. Resto qui, credo
in coscienza di aver conquistato
il diritto e l’onore di vivere in-
sieme a voi”. Pura retorica sen-
tenzia Carlo, studente di 19 an-
ni: “cosa altro ha in mente? Ha
già contribuito ad affossare ogni
nostra rivendicazione è meglio
che torni da Papi”. Mentre Giu-
lia, studentessa liceale che si di-
ce credente, affida il commento
a Benedetto XVI, citando l’enci-
clica Caritas in veritate : “la solida-
rietà senza sussidiarietà scade
nell'assistenzialismo che umilia
il portatore di bisogno”. Questi
aiuti senza coinvolgimento,
“elargiti dall’alto come "miraco-
li" di efficienza e di amore - dice
Giulia - mi umiliano”.
“Chiedevamo partecipazione,
invece qualcuno ha detto ghe
pensi mi ” aggiunge Paolo, 21 an-
ni, che mostra il volantino distri-
buito nelle tendopoli. C’è scrit-
to: “Non camminare davanti a
me, potrei non seguirti; non
camminare dietro di me, non sa-
prei dove condurti; cammina al
mio fianco e saremo sempre
amici”. Intanto nelle zone resi-
denziali semideserte della città,
a ridosso dei cassonetti, ci sono
montagne di rifiuti bagnati dalla
pioggia. Ma la vera emergenza,
di cui nessuno parla, resta quel-
la delle macerie non ancora ri-
mosse che contengono materia-
li altamente tossici. Come l’eter -
nit.
gabbia, in case finte dove
c’è tutto, dalle forchette agli
strofinacci allo zerbino colorato
davanti alla porta, ad eccezione
della possibilità di riempirle di
vita vera. E a Piazza D’Armi la di-
sperazione si fa protesta. Che
blocca il traffico in prossimità
sguardi dei vecchi con i ber-
retti di lana calzati sulla fronte,
seduti sui muretti, immobili co-
me statue. Giovanni, 78 anni, fa-
tica a parlare per via dell’asma:
“qua sono nato, qua voglio mo-
rire”, dice battendo il pugno sul
cemento. “Che albergo e alber-
go! Queste sono cose per signo-
ri, io ho lavorato tutta una vita
per una casa che non ho più e
adesso arrivano loro a dirmi che
le case non ci sono e devo an-
dare via. Bravi, proprio bravi”,
conclude levandosi il cappello
in segno di ironica referenza.
Piove, l’aria è tagliente. Domani
lo sarà ancor di più, con raffiche
di vento previste a 80 km orari.
“Resisteranno le tende, già alla-
gate dal temporale dei giorni
scor si?”. È la domanda che si fa
Teresa, 68 anni, che si scalda le
mani con il respiro mentre esce
dalla tenda per raggiungere il
bagno. La vita qui, dove il terre-
moto si è abbattuto sulla pover-
tà, scorre lentamente tra il passo
incerto delle donne avvolte nel-
le coperte e l’allegria muta dei
bambini che giocano dentro
queste celle frigorifero che si
chiamano tende. Bimbi che van-
no a scuola, vestiti come eschi-
mesi, per fronteggiare tempera-
ture severe. Si vedono mani cal-
lose, abituate a resistere, si sen-
tono parole strazianti che ripe-
tono, come una litania: “io in al-
bergo non ci vado”.
Grazia, 30 anni, vive al nord. Qui
ha i genitori che stringe a sé co-
me fossero figli. “Sono io che
proteggo loro, adesso, sono
spauriti. Temo che non ce la fac-
ciano a sopportare l’inverno.
Mia madre ha la bronchite cro-
Amantea, la strada dei veleni e dei tumori
La Procura indaga sullo smaltimento illecito di materiali inquinanti mentre nel Comune calabrese la gente muore
di Rosa Praticò
cano i soldi per chiedere “la perizia di qualcuno che
venga da fuori, qualcuno super partes con il cur-
riculum giusto”. Il Comune di Amantea, a quanto
pare, aveva stanziato dei fondi “ma poi è stato sciol-
to per infiltrazioni mafiose e non si è fatto nulla”.
L’avvocato dell’associazione, Salvatore Politano,
spiega: “nessuna delle autorità competenti vuole
sciogliere i nostri dubbi, anzi una dottoressa del di-
partimento prevenzione dell’Asp ha addirittura
consigliato ai miei assistiti di curare meglio l’ali-
mentazione”. Soltanto qualche giorno fa ci sono sta-
ti nuovi rilievi dell’Arpacal e dei carabinieri di
Amantea.
Li ha richiesti il nuovo procuratore di Paola, Bruno
Giordano. Un’attività di monitoraggio. Perché co-
me dice Tonino, che in via Montebianco ha un ma-
gazzino, “ormai da queste parti si sente solo parlare
di morti e ammalati di cancro”.
In effetti in tutto il tirreno cosentino negli ultimi 15
anni c’è stato “un aumento esponenziale” di questi
casi. A dirlo è Gianfranco Filippelli, responsabile
del reparto di oncologia dell’ospedale di Paola, un
osservatorio privilegiato. “Abbiamo registrato -
spiega - in particolare più tumori al colon e alla
mammella. Per quelli all’intestino siamo alla soglia
dell’epidemia: tutto è legato all’inquinamento glo-
bale di questo territorio”.
Il consulente della procura di Paola, Giacomo Bran-
cati va oltre. E dice: “Nell’analisi che ho condotto,
nelle zone prospicienti al torrente Oliva ho registra-
to un numero di tumori maggiore che in altri luoghi
della regione. Parlo anche di quelli alla tiroide, per i
quali c’è una correlazione netta molto alta con la
presenza di sostanze radioattive“. Brancati fa rife-
rimento ad alcune frazioni dei comuni di Serra
d’Aiello, Aiello Calabro, San Pietro in Amantea ed
Amantea. Proprio quelle in cui è emersa la presenza
di metalli pesanti e residui nucleari non naturali co-
me il Cesio 137, interrato a pochi metri di profon-
dità. Non solo. Sempre dalle analisi disposte dalla
Procura di Paola è venuto fuori che, in una vecchia
cava dismessa sulla strada di Serra d’Ajello, le ra-
diazioni superano fino a cinque volte i livelli nor-
mali. “Sembrerebbe esserci un nesso tra questo ma-
teriale nocivo e un trend superiore nell’andamento
delle malattie tumorali nell’area considerata. Con
un picco avvenuto tra la fine degli anni ‘80, i primi
anni ‘Novanta ‘90 e l’ inizio di questo decennio”,
commenta il procuratore Bruno Giordano.
Ma Brancati tiene a precisare che già nel 2005 aveva
suggerito all’azienda sanitaria locale un’indagine
epidemiologica di campo e la bonifica del territo-
rio. Cosa che oggi chiedono nuovamente le asso-
ciazioni ambientaliste e i comitati cittadini. Quello
nato in memoria di Natale De Grazia, il capitano
della Marina morto in circostanze piuttosto strane
mentre indagava sulle navi, ha dato il via ad una pe-
tizione. E ha già raccolto più di 4 mila firme.
più di 100 metri. Una palazzina dietro l’altra. Una
ventina di famiglie. Ognuna con il suo morto o il suo
ammalato di cancro. Dieci vittime dal 2000 ad oggi.
E 25 persone che lottano ancora contro il tumore.
Siamo ad Amantea, costa tirrenica della Calabria. A
circa 5 chilometri dal torrente Oliva oggetto dell’in -
chiesta della procura di Paola sullo smaltimento il-
lecito di materiali inquinanti. Sulla spiaggia vicino,
diciannove anni fa, si è arenata la Jolly Rosso, nella
lista delle cosiddette navi dei veleni.
In via Montebianco sono andati gli esperti dell’Ar-
pacal, l’agenzia regionale per la protezione ambien-
tale della regione, e quelli dell’Asp, l’azienda sani-
taria provinciale di Cosenza. “Non abbiamo trovato
nessun riscontro scientifico alle notizie allarmisti-
che” assicura l’allora dirigente dell’Asp, Piero Bor-
sani.
Ma Adriano Bruni, 34 anni, non si rassegna. Ha visto
troppa gente morire. Ultima sua madre, a maggio.
Aveva solo 55 anni. “Qualcuno mi ha consigliato di
stare zitto - confessa - perché danneggio l’imma gine
del paese e allontano i turisti. Ma io vado avanti, ci
deve essere per forza qualcosa sotto” . Lo sguardo
va alla fabbrica abbandonata con il tetto in eternit
“mai bonificata”, dice. Va alla sottostazione ferro-
viaria “per anni zeppa di amianto” . E poi a uno dei
palazzi più recenti “costruito dove prima c’era un
deposito di vecchie auto con tanto di barili d’olio e
batterie scariche”, continua Adriano, che ha fon-
dato il ‘Comitato per la vita’. Con il sostegno di una
cinquantina di persone. Ma all’associazione man-
Un aumento esponenziale
di casi di cancro, normalmente
legati alla presenza di rifiuti
tossici e materiale radioattivo
In quelle tende
di Sandra Amurri
I l freddo è arrivato a L’Aqui-
C’ è chi ora vive, come topi in
S i legge la disperazione negli
È una strada stretta via Montebianco. Lunga poco
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